Riots
Siamo arrivati quando i riots in città si stavano placando. Mai vista tanta polizia: a piedi, a cavallo, in bicicletta, coi cani, in motoscafo a sirene spiegate sul Tamigi. Non mi sono mai sentita così sicura.
Intanto la gente ha ricominciato a leggere i giornali in metropolitana; pagine e pagine su case distrutte e negozi in fiamme, accenti strappalacrime ma anche raccolte di fondi e tanta concreta solidarietà.
Scarpe
Ormai è flip flops-mania, ahimè. Resta inclassificabile l'infradito maschile con calzino corto avvistato in un locale chic di Maida Vale all'ora dell'aperitivo. Le zeppe e il tacco 12 resistono in tutte le varianti, possibili e non. Per il resto, le ballerine, soprattutto quelle bicolori crema e nero, pare siano considerate il massimo dell'eleganza.
Musei
Il Natural History Museum di South Kensington è una delusione assoluta. Una specie di parco divertimenti leggermente evoluto. Oppure, se si preferisce, una concatenazione di ristoranti e dinosaur toy shops intervallati da bruttissime copie di animali. Noioso, deprimente e zeppo di marmocchi ingovernabili.
Molto interessante e ben organizzato invece il Museum of London: praticamente la storia di Londra dai fossili ai Doc Martens. Vale davvero la pena, soprattutto per il periodo preistorico e pre-romano.
Manoscritti
Il più commovente di tutti, quello di Jane Eyre, esposto alla British Library. "Readers - I married him." Parole vergate con una tale sicurezza, una tale pulizia su pagine immacolate che dicono tutto dell'autrice, della sua determinazione, di come il romanzo fosse tutto chiaramanete formulato nella sua testa prima di approdare sulla carta. Non sono così sicura che un tempo scrivere fosse più faticoso. Sono convinta che la scarsità dei mezzi favorisse la concentrazione.
Spettacoli
Les Miserables al Queen's Theatre: ottimo spettacolo, non un attimo di cedimento nonostante la lunghezza e la complessità della trama. Regia mai banale, interpreti strepitosi. Conserverei un ottimo ricordo della serata non fosse per la coppia di idioti che stava seduta dietro di me: lei è riuscita a darmi un calcio sulla nuca, lui mi ha buttato addosso la giacca, ha chiacchierato, ha ruttato e infine mi ha rovesciato addosso un bicchiere di vino.
Piacevole il concerto di Allen Toussaint al Jazz Café di Camden: lui si è divertito un mondo a raccontare aneddoti su Frankie Miller (presente con la moglie nel backstage) e, assolutamente a sorpresa, sul palco si è presentato anche Josè Feliciano.
Tecnologia
Lo sappiamo, a Londra ormai hanno tutti l'i-phone (che viene utilizzato prevalentemente per giocare). Però quest'anno ho notato un ridimensionamento del rimbecillimento tecnologico: in metropolitana sono ricomparsi quotidiani e libri, soprattutto libri palesemente di seconda mano.
Kate e Diana
Il mito della Principessa del Galles resiste, soprattutto a Kensington. Kate Middleton è certamente molto amata ma le due personalità non sono in alcun modo sovrapponibili. Diciamo che Kate, concreta e solare com'è, ha colmato un vuoto e, indirettamente, attenuato il generale rammarico - mai sopito - per la sventurata sorte di Diana.
Mervyn Peake
Mi aspettavo molto di più dalla tanto decantata exhibition alla British Library. Alcuni dei lavori esposti li avevo già visti due anni fa alla Maison d'Ailleurs di Yverdon. Molto interessanti i manoscritti, sia di Peake sia della moglie. Davanti alla lettera di Dylan Thomas che chiede in prestito dei vestiti (particolare non trascurabile il fatto che Peake e Thomas fossero fisicamente diversissimi) mi sono sentita in dovere di trasgredire il divieto assoluto di fotografare. In ogni caso non c'è dubbio che Peake fosse un vulcano di idee: progetti educativi, lavori per la televisione, disegni, schizzi e poesie all'infinito.
Un sentito ringraziamento allo staff della galleria Chris Beetles, in particolare al signore gentilissimo che, vedendomi titubante dinanzi all'invito a suonare il campanello - "Gesù, non mi faranno mai entrare in un posto così!" - mi ha semplicemente aperto la porta, mi ha guidata ai dipinti di Peake, mi ha ricordato la mostra alla British Library - "Già fatto, grazie!" -, ha custodito la mia borsa e mi ha illustrato la pregevole nuova edizione del quasi introvabile Letters from a lost uncle su cui, peraltro, avevo immediatamente messo gli occhi.
Italiani
"Ma che è, hanno aperto le gabbie? Proprio a Londra devono venire, dico io...A Ferragosto! Ma che andassero in un villaggio, dico io, no?"
Non si può dar torto alla ragazza dello staff di uno dei tanti caffè Costa sparsi per la città. Gli italiani a Londra, in generale, non sono bella gente. Ci sono quelli con la puzza sotto il naso, la giacca impermeabile, la sciarpa e le Tod's, che se ne vanno in giro con aria schifata e vorrebbero chiaramente essere in Sardegna ma vanno a Londra perché evidentemente è pur sempre una cosa che fa fine e che s'ha da fare. Poi ci sono quelli sciatti e caciaroni su cui c'è davvero poco da dire.
Una domenica sera in un pub scalcinato a Bermondsey un ragazzo in infradito e tuta da ginnastica bighellonava tra l'ingresso e il marciapiede; buttava via il tempo con le mani in tasca, solo e annoiato. Conquistati a fatica una Guinness e un succo d'arancia - la barista si era nascosta chissà dove, fortunatamente ci ha pensato un avventore a ripescarla - ci siamo seduti a chiacchierare sui divanetti consunti mentre il ragazzo, appollaiatosi su uno sgabello, parlava in italiano al telefono. È rimasto tutto il tempo aggrappato allo sgabello a rompersi le palle, consapevolissimo del fatto che eravamo italiani, forse sperando in un nostro invito. Nell'uscire, il bluesman, uomo buono e gentile, l'ha salutato. Io no.