Se la Lega avesse perso anche a Varese avrei avuto una crisi d’identità.
Ieri pomeriggio in città si respirava un’aria tutt’altro che elettorale. Più che mai, ognuno pensava ai fatti propri. In Piazza del Podestà, presso la sede della Lega, mi aspettavo tutto uno sventolio di bandiere verdi e soli delle Alpi, gigantografie del vincitore, pregustavo già persiane spalancate e pronunciamenti dal balcone. Invece niente. Dico niente di niente.
Nell’indifferenza generale, dai muri cittadini Attilio Fontana diffonde il suo sorriso disarmante da leghista per caso. La poltrona riagguantata a fatica, il sindaco riconfermato si scopre involontario portabandiera di non si sa bene cosa. Ma sì, lasciamogli la soddisfazione del portabandiera, finché dura. In fondo, molto in fondo, Fontana sembra non essere neanche il peggior sindaco che la città abbia avuto in sorte: non certo un leghista d’assalto, piuttosto un mite conservatore, molto impegnato a non modificare le tradizioni cittadine, a non scontentare troppa gente e, in qualche caso – penso soprattutto ai dissesti stradali – disposto ad imparare dai propri errori. Non poco, di questi tempi.
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