giovedì 27 ottobre 2011

Coeso e sostenibile

Fino a qualche settimana fa l'aggettivo preferito di Berlusconi era coeso: l'ha ripetuto così tante volte, in così tante occasioni e così a sproposito, che l'aggettivo è automaticamente decaduto dal mio vocabolario. Ora, visto che la tanto decantata coesione ha prodotto risultati in grado solo di scatenare l'ilarità generale, Berlusconi ha pensato bene di aggrapparsi ad un altro concetto tanto in voga quanto vago: la sostenibilità. Improvvisamente tutto quanto diventa sostenibile. Fare le riforme strutturali contando su una maggioranza non coesa? Perfettamente sostenibile. Dare un impulso alla crescita producendo un maggior numero di cassintegrati e disoccupati? Logicamente sostenibile. Far lavorare fino a 70 anni chi già a 50 è considerato un rottame? Ancor più sostenibile.
Una volta che l'aggettivo sostenibile avrà esaurito il suo potenziale propagandistico nel consueto nulla di fatto, l'insostenibile inettitudine del premier dovrà cercare appigli in un nuovo aggettivo d'assalto che, ripetuto fino alla nausea, verrà automaticamente dismesso dal mio lessico. Governo ladro: non hanno solo messo le mani nelle mie tasche, stanno pure impoverendo il mio vocabolario.

mercoledì 26 ottobre 2011

Music of our time

"L'ottimismo di Bernstein era quello di un estroverso, ma negli ultimi decenni della sua vita questo tratto positivo della sua personalità convisse con la visione più cupa e profetica di un Geremia che contempla un'America ormai fuori strada se non, a volte, impazzita. [...] Il suo predecessore Mahler aveva portato la musica fino al limite dell'incanto struggente e Bernstein aveva trovato nella musica di Mahler il lungo discorso sulla catastrofe e il terrore che aveva oppresso la civiltà europea nella prima metà del ventesimo secolo e che pareva proseguire in eterno. Mahler parlò a nome della propria generazione della perdita di fiducia nei valori illuminati e progressisti. E così, nel dirigere Mahler, forse ancor più di qualsiasi altro compositore, Leonard Bernstein fu capace di comunicare all'orchestra e al pubblico la propria visione tragica."

martedì 18 ottobre 2011

Il primo regalo di Rebecca


Oggi Rebecca ha catturato la sua prima preda, un passerotto, forse - ma non ne sono sicura, il becco lungo e leggermente adunco non mi fanno pensare a un passero -, in ogni caso un volatile di dimensioni ragguardevoli: una vera conquista per una gattina sprovveduta e inesperta come lei. Ovviamente mi dispiace per la povera creatura che ci ha letteralmente lasciato le penne. D'altro canto, non posso non essere consapevole e orgogliosa del fatto che Rebecca, deponendo la sua preziosa preda praticamente intatta presso la porta d'ingresso, ci ha fatto un regalo importante. È il suo modo di dirci che ci ha finalmente adottati, ci approva; le andiamo bene, insomma. Evidentemente ci ha perdonati per le gocce gelatinose che siamo costretti a farle scivolare dentro le orecchie, per le medicine non troppo appetitose che mescoliamo ai suoi cibi: forse ha capito che ci stiamo semplicemente prendendo cura di lei. Per una creatura che in un anno e mezzo di vita ha sperimentato solo abbandoni e affidi temporanei in comunità, ogni cosa è nuova, ogni cosa è sospetta: soprattutto cure e attenzioni, queste grandi sconosciute.
Mentre io e il bluesman ci affannavamo a ripulire il balcone e a dare degna sepoltura alla vittima, Rebecca, nascosta in mezzo al prezzemolo, ci scrutava con attenzione  registrando ogni particolare, elaborando le nostre reazioni. Credo che per lei questo episodio rappresenti un grande passo avanti: ho l'impressione che si senta un po' più sicura, un po' più degna delle attenzioni che riceve. Un giorno o l'altro, forse, deporrà quella sua timidezza nevrotica che si trasforma in scontrosità ed alterigia. Ogni tanto, quando cerco di accarezzarla e lei sguscia via al sicuro oltre il cancello le faccio le linguacce: lei mi guarda, aspetta che io sia rientrata in casa, poi torna ad accucciarsi sullo zerbino, e se ne sta lì, guardinga, insensibile alle lusinghe, a elaborare una logorante lotta segreta fra desiderio di coccole e terrore di un ennesimo rifiuto.

sabato 15 ottobre 2011

Global Handwashing Day



Dedicato a tutti quelli che mi prendono in giro perché non esco mai di casa senza fazzolettini disinfettanti. Evidentemente, nel nostro meraviglioso mondo ipertecnologico è purtroppo ancora necessario ribadire che lavarsi le mani con acqua e sapone è un dovere.
Se le stesse analisi batteriologiche fossero state effettuate su cellulari italiani, credo che i risultati non sarebbero stati molto diversi.
C'è poi da capire come sia possibile che in alcuni reparti ospedalieri in Lombardia le toilettes siano completamente sprovviste di sapone. Lo stesso dicasi per alcuni luoghi deputati allo svolgimento di attività sportive, occasionalmente utilizzati anche per concerti.  D'ora in avanti sarà severamente vietato burlarsi di me quando indosserò un guanto usa e getta prima di toccare la maniglia di una toilette pubblica.

sabato 8 ottobre 2011

Five Pieces - Duo Gazzana (ECM)

Un debutto discografico di altissimo livello quello del duo composto dalle sorelle Natascia e Raffaella Gazzana (rispettivamente violino e pianoforte): dopo anni di intensa attività concertistica in tutto il mondo le due strumentiste approdano direttamente alla ECM di Manfred Eicher con un lavoro estremamente raffinato che rientra a pieno titolo nell'estetica della mitica etichetta tedesca. Un cd dalle sonorità limpidissime, un repertorio inusuale, rigoroso; e tuttavia un cd intriso di un'atmosfera squisitamente autunnale. Non è un caso forse se a dare il titolo a questo debutto è un breve lavoro cameristico di Valentin Silvestrov, compositore ucraino vivente, largamente rappresentato nel catalogo ECM.

Da sempre assidue frequentatrici del repertorio cameristico novecentesco, Natascia e Raffaella Gazzana affrontano con sensibilità e affiatamento autori e linguaggi sonori assai diversi fra loro. Nonostante l'apparente limitazione espressiva imposta da un organico ridotto, varietà melodica e dinamica sono assicurate.
Ad aprire la sequenza dei brani è una pregevolissima opera giovanile di Toru Takemitsu: il pianismo liquido e la sequenza di accordi giustapposti rimandano direttamente a Debussy e Messiaen, e suggeriscono al contempo un affascinante corto circuito culturale, considerata l'attrazione dei due grandi compositori francesi nei confronti della dimensione contemplativa propria della musica orientale. Il passaggio alla Sonata che Paul Hindemith compose nel 1935 è quasi impercettibile, ma bastano poche battute e subito si svela il complesso impianto armonico  dell'opera. Dall'aspro razionalismo di Hindemith all'alta tensione emotiva che caratterizza la Sonata di Leoš Janáček: un eccesso d'impeto avrebbe incrinato il sofferto intimismo dell'opera, ma l'interpretazione delle sorelle Gazzana affronta il susseguirsi febbrile di moti autoconsolatori, subito incalzati da gesti sferzanti, senza mai cedere a sbavature o sentimentalismi. È precisamente questa lucidità sempre vigile, l'assoluta coerenza all'intento dell'autore a costituire la cifra interpretativa del Duo Gazzana. Un approccio che ci restituisce delle letture vibranti e, nel caso specifico, rende irresistibili i five pieces di Valentin Silvestrov. Cinque pezzi ipnotici, pervasi a tratti da una malinconia schubertiana, che si sono rapidamente trasformati nella mia personale colonna sonora di questi primi giorni d'autunno.

lunedì 3 ottobre 2011

A Dangerous Method

Mai fidarsi delle recensioni. Mi aspettavo un film disturbante e complesso, un reticolo di sottintesi, un intrico di indizi preziosi; ero pronta a catartiche rivelazioni sugli infimi abissi della psiche. Nulla di tutto ciò.
I duelli verbali raramente sfociano in affondi significativi. Keira Knightley è troppo concentrata a recitare da isterica per approfondire e appassionarsi alla personalità complessa di Sabine.
Michael Fassbender, che pure in altre circostanze ha dato prova di essere un attore straordinario, qui interpreta un dottor Jung eccessivamente ingessato e meditabondo che non smette i panni dello scienziato riflessivo neanche nelle scene di sesso sadomaso con Sabine. La quale, a sua volta, non smette mai, neanche quando è china sui libri nel suo appartamento, quelle sue impeccabili (da me invidiatissime) camicette di cotone operato guarnite di pizzi. L’autocompiacimento attoriale ai massimi livelli finisce per stendere su una storia così ruvida una fastidiosa patina levigante.
Per fortuna a sfregiare questa lacca manierista, ci sono Viggo Mortensen - che dà vita a un dottor Freud contraddittorio e molto credibile – e Vincent Cassel, assolutamente a suo agio nel ruolo dello psichiatra psicopatico Otto Gross.
L’inquadratura finale, poi, - il film si chiude sullo sguardo imbambolato di Jung – sfiora il ridicolo.
Infine ho trovato particolarmente fastidiosa e riduttiva la tendenza serpeggiante nella sceneggiatura ad evidenziare i lati meschini della personalità di Freud, esaltando, per contro le virtù morali e relative derive misticheggianti del discepolo/avversario Jung.