tag:blogger.com,1999:blog-19908327095625928732024-02-02T05:25:16.656+01:00exit strategyTo live at all is miracle enough (Mervyn Peake)exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.comBlogger290125tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-49007696196873214992013-04-01T22:38:00.000+02:002013-04-01T22:47:48.400+02:00A data da destinarsi<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Commossa e onorata, ringrazio di cuore </span><a href="http://fassbinder.blogspot.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Jumbolo</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> e </span><a href="http://abottleofsmoke.blogspot.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Monty</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> che, nell'ambito del Liebster Award, hanno voluto riservare una nomination anche a questo mio evanescente blog. Allo stesso tempo, tuttavia, l'immeritato riconoscimento mi costringe a prendere atto di quanto questo diario virtuale mi sia diventato estraneo e dunque obsoleto. Il duro percorso della malattia ha indubbiamente fatto di me un'altra persona, e ritornare su queste pagine mi fa sentire ogni volta inadeguata e fuori tempo massimo: come uno studente che, preparando il necessario per partire alla volta di una università lontana, si guarda in giro e sorride alla vista dei pupazzi di peluche sparsi per la stanza. Non so esattamente cosa significhi, ma è così che mi sento. Il senso di inadeguatezza mi rende taciturna; recitare una parte non è nel mio stile. La persona che sono diventata e che sto diventando non ha ancora un'identità precisa, perciò bisogna che io chiuda questa stanza per evitare malintesi, per non generare ulteriori ambiguità. Credo che un giorno ritornerò, perché di solito il vizio di scrivere non mi abbandona mai troppo a lungo, ma sconsiglio vivamente l'attesa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Saluto i miei quattro lettori e i miei </span><a href="http://fassbinder.blogspot.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">due</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> </span><a href="http://abottleofsmoke.blogspot.it/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">estimatori</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> - che naturalmente non smetterò di seguire con affetto e interesse - con questo video che, pur non avendo assolutamente nulla a che fare con quanto detto sopra, io trovo irresistibile. A ben pensarci, però, la storiella apparentemente banale di questo adorabile cucciolo di orso polare mi affascina così tanto perché, più in generale, ha a che fare con la sorte, la fragilità, il rapporto tra protezione e libertà. Hai detto niente.</span></div>
<!-- Start of guardian embedded video --><!-- To autoplay video, set 'a=true' in the following line of code--><br />
<iframe frameborder="0" height="397" src="http://embedded-video.guardianapps.co.uk/?a=false&u=/world/video/2013/mar/31/polar-bear-orphan-alaska-zoo-video" width="460"></iframe><br />
<!-- End of guardian embedded video --><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">P.S. Questo post non è un pesce d'aprile.</span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-5959290206827833312013-02-12T21:31:00.000+01:002013-02-12T21:33:08.732+01:00A zonzo dopo la fisioterapia<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">A Varese, in luogo di una fantasiosa boutique della carta, hanno aperto un negozio di cremazioni. Così c'è scritto sull'insegna: <em>Cremazioni</em>. Benché ammirata di tanta semplice compostezza, mi rammarico che nella vetrina di un negozio così ci si possa mettere ben poco.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Intanto il Globe Cafè (che da qualche settimana ha la ventura di essere vicino di casa del Maroni-Point) mi sembra stia diventando un locale finto-alternativo, vale a dire un posto per fighetti che si travestono da intellettuali. In ogni caso fanno bene questi studenti che si godono la vita e i soldi dei genitori così, facendo comunella in un caffè chic del centro. Io ai tempi dell'università mi contavo in tasca i soldi per le fotocopie e il pezzo di focaccia quotidiano e infatti si vede dove sono arrivata.</span> </div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">In ogni caso anche quest'ultima perturbazione è stata risolta con una certa efficienza e, come al solito, io ero l'unica a circolare in città con la macchina ancora glassata di neve.</span><br />
</div>
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-52214264191811561662013-02-11T14:29:00.002+01:002013-02-11T14:31:54.953+01:00A Sylvia (27/10/32 - 11/02/1963)<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Le colline digradano nel bianco.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Persone o stelle</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">mi guardano con tristezza, le deludo.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il treno si lascia dietro una riga di fiato.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Oh lento</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">cavallo color della ruggine,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">zoccoli, dolorose campane -</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">È tutta la mattina che</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">la mattina sta annerendo,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">un fiore lasciato fuori.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Le mie ossa racchiudono un'immobilità, i campi</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">lontani mi sciolgono il cuore.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Minacciano</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">di lasciarmi entrar in un cielo</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">senza stelle né padre, un'acqua scura.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sylvia Plath, <em>Pecore nella nebbia</em></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"><em>2 dicembre 1962, 28 gennaio 1963</em></span><br />
<span style="font-family: Verdana; font-size: x-small;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">(traduzione di Anna Ravano)</span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-67700248107322392232013-01-08T14:02:00.001+01:002013-01-08T14:02:39.920+01:00Grazie David!<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="360" src="http://www.youtube.com/embed/FOyDTy9DtHQ" width="640"></iframe><br />
<br />
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-57244328815033103892013-01-06T21:37:00.001+01:002013-01-06T21:42:10.724+01:00Giorno di festa<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">All'uscita dal cinema, la città mi è sembrata improvvisamente straniera: il tiepido celeste primaverile era stato sostituito da uno scenario severo punteggiato di luminosità geometriche. Le mille auto deserte parcheggiate lungo i marciapiedi facevano pensare all'improvvisa <em>dissipatio</em> del genere umano. Come se durante la proiezione del film una forza oscura avesse risucchiato l'umanità. Le luminarie delle feste pendevano inutili, sfarzosamente fuori luogo. Niente luci alle finestre e negozi chiusi. Su tutto l'incongruo tepore di primavera e il senso di una solitudine irrimediabile veicolato dal </span><a href="http://www.themasterfilm.com/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">film</span></a>.<br />
</div>
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-26890209067360174292012-12-25T16:26:00.003+01:002012-12-25T16:34:43.020+01:00Christmas blues<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Osservo la pioggia, leggera come polvere, mangiarsi impercettibilmente la polpa bianca di una neve vecchia e ostinata. Due giorni fa, lunghe file di auto in coda all'autolavaggio: a che scopo?, mi chiedevo. Bisogna avere l'auto lustra per andare a pranzo dai parenti? O per caricarsi di cibarie al supermercato? E quanto si può arrivare a mangiare? Di quanto di tutto quel cibo abbiamo davvero bisogno?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Natale è un giorno triste sempre, anche quando, come oggi, scelgo di disertare pranzi e aspettative altrui, restando al di qua del vetro ad osservare la pioggia. Nella bruma incolore si agitano le contese degli uccelli per le ultime delizie d'inverno. </span></div>
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-45159441219535857352012-11-25T16:26:00.000+01:002012-11-25T17:52:28.423+01:00Le anime morte - II<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Quando ho appreso la notizia </span><a href="http://www.corriere.it/esteri/12_novembre_25/bangladesh_incendio_opificio_bd4a9460-36c0-11e2-8dd3-0837590598e8.shtml" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">dell'incendio divampato in una fabbrica tessile in Bangladesh</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"> ho pensato immediatamente ai miei nuovi pantaloni di velluto color melanzana, acquistati da Benetton per € 29.95: sono stati prodotti in Bangladesh, forse proprio nello stesso edificio andato in fiamme ieri, o comunque in un casermone analogo, sprovvisto di sistemi di sicurezza, da donne sottopagate. È il genere di abbigliamento che le persone con un reddito medio-basso come il mio (cioè la stragrande maggioranza degli europei, par di capire) si può permettere. Mi sono sentita minuscola e impotente, infimo ingranaggio di un meccanismo inarrestabile; vittima e complice al tempo stesso, mi sono ricordata di questo passo de<em> La Peste</em> di Camus:</span> </div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"><em>"Da tanto tempo ho vergogna, vergogna da morirne, di esser stato, sebbene da lontano, sebbene in buona fede, anch'io un assassino. Col tempo, mi sono semplicemente accorto che anche i migliori d'altri non potevano, oggi, fare a meno di uccidere o di lasciar uccidere: era nella logica in cui vivevano, e noi non possiamo fare un gesto in questo mondo senza correre il rischio di fare morire. Sì, ho continuato ad aver vergogna, e ho capito questo, che tutti eravamo nella peste; e ho perduto la pace. Ancor oggi la cerco, tentando di capire tutti e di non essere il nemico mrtale di nessuno. So soltanto che bisogna fare quello che occorre per non essere più un appestato, e che questo soltanto ci può far sperare nella pace o, al suo posto, in una buona morte. Questo può dar sollievo agli uomini e, se non salvarli, almeno fargli il minor male possibile e persino, talvolta, un po' di bene. E per questo ho deciso di rifiutare tutto quello che, da vicino o da lontano, per buone o per cattive ragioni, faccia morire o giustifichi che si faccia morire."</em></span><br />
<span style="font-family: Verdana; font-size: x-small;"> <span style="font-size: xx-small;">(Traduzione Beniamino Dal Fabbro, Bompiani)</span></span></div>
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-67878884607109595432012-11-23T20:20:00.002+01:002012-11-23T20:28:10.742+01:00Allarmi<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Stamattina il chiacchiericcio dei merli era così sguaiato da strapparmi al sonno. Mi sono alzata allarmata, con la sensazione che la piccola comitiva nera si fosse data convegno nel mio giardino per discutere qualche faccenda di particolare gravità. Ma è bastato che aprissi la porta perché l'intera comunità frullasse via all'istante, lasciando dietro sé il silenzio dei rami nudi.</span> </div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Le talpe, intanto, procedono incessanti a trapanare campi.</span> </div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Quanto a Rebecca, non l'ho mai vista mangiare così tanto: come un neonato, ogni due ore esige un po' di pappa e riesce sempre a estorcermi una dose supplementare di croccantini. Come se si stesse attrezzando contro difficoltà imminenti. Forse l'inverno è alle porte.</span></div>
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-21815994243693504572012-11-23T00:30:00.000+01:002012-11-23T00:30:00.103+01:00In ricordo di Montserrat Figueras (15/03/1942 - 23/11/2011)<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="360" src="http://www.youtube.com/embed/LwndvoeCXos" width="480"></iframe><br />
<br />
exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-29145146317961061302012-11-14T13:47:00.000+01:002012-11-15T22:14:57.477+01:00Last Leaves of Autumn<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYFo1apbskMl-IcKZ0-j2FoXEVvqOAJLdPB48AozaUgPhTwodW7Pc8EcRJukW0mw8QOO1B2jsLsc8cZyzxi1nmo7zEroySwe6-bPoDLia2RlboBps78Vh9G8m0MBfoUgaKYQF0j44b/s1600/casa,+rebi+e+drezzo+240.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYFo1apbskMl-IcKZ0-j2FoXEVvqOAJLdPB48AozaUgPhTwodW7Pc8EcRJukW0mw8QOO1B2jsLsc8cZyzxi1nmo7zEroySwe6-bPoDLia2RlboBps78Vh9G8m0MBfoUgaKYQF0j44b/s640/casa,+rebi+e+drezzo+240.JPG" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Oh the leaves how they shimmer</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Trees lift their skirts and they quiver</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Gently they lay down</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">To the dirt and dust and ground</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">They lose their innocence to find it all over</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ain't nothing missing, they 're just high on a feeling</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">All they need is believing, no reason will do</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">I'm hanging on like the last leaves of autumn</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">But I'm coming through like the first shoots of spring</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">I'm standing outside of space and time</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">And I'm healing</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Believing</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">I'm ready for a first time feeling</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Something I can believe in</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">I'm ready for a first time feeling</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Awaken sleeping season</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">(Beth Orton, <em>Last Leaves of Autumn</em>, 2012)</span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-8349581800034502452012-07-23T11:53:00.000+02:002012-07-23T11:54:54.038+02:00To live at all is miracle enough<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Come diceva una canzone assai in voga nei tristi anni della mia infanzia, la valigia sul letto è quella di un lungo viaggio; in realtà, in programma non ho una vacanza, ma un soggiorno - lungo non si sa quanto - presso un ospedale varesino.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Da qualche tempo, ben prima di poter sospettare il triste verdetto, contemplavo l'inutilità dei miei giorni con lo stesso invincibile scoramento che invade il protagonista del racconto di Poe alla vista della casa degli Usher. Braccata e oppressa senza via d'uscita, sapevo che qualcosa doveva accadere. Tristemente, dimostrando scarsa fantasia, - ci sono così tanti modi per mettere alla prova il proprio attaccamento alla vita: scalare gli ottomila, fare il cooperante, ricominciare da zero in Nuova Zelanda e via dicendo -, l'unica exit strategy che sono riuscita ad escogitare è stata la malattia; e ciò nonostante la piena consapevolezza del mio potenziale autodistruttivo e degli effetti disastrosi che quel certo malessere psichico ha sul sistema immunitario. Sono dunque un'irriducibile, irrimediabilmente votata all'autodistruzione?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ancora non lo so. Non vedo l'ora di entrare in sala operatoria per tranciar via di netto tutti i i miei fallimenti e le mie esitazioni; ma che razza di me stessa emergerà dall'anestesia è difficile a dirsi. Non ho ancora deciso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Dice bene Patricia Petibon in una bella intervista sull'ultimo numero di <em>Diapason</em>: <em>"Aussi vital que soit le travail d'équipe, il arrive toujours un moment où le chanteur est seul face au public, seul comme au jour de notre mort."</em>. Un cantante fa delle scelte ben precise quando si assume la responsabilità di un ruolo - non a caso Patricia Petibon, dopo aver associato il proprio nome alle arie di coloratura dell'opera barocca, è approdata alla Lulu di Berg. È certo più intelligente, e psicologicamente più sano, sfidare se stessi su un palcoscenico che in sala operatoria. Mi pento e mi dolgo della mia pigrizia - o del mio innato autolesionismo - che ha accartocciato dentro di me la creativa per far emergere un'improbabilissimo individuo normale. In sala operatoria si è soli di fronte al proprio destino come quando si muore; e si è nudi e impotenti come quando si nasce. Uno snodo cruciale in un punto cruciale della mia vita. </span></div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">C'era una quantità di libri e film di cui avrei voluto parlare. Non l'ho fatto perché avevo smarrito la voce, mi sentivo come chi non ha più casa. Ero perfettamente consapevole di aver perso il controllo della mia vita. Ero in balia degli eventi, attendevo solo di essere aggredita dal destino: mi chiedevo solo che maschera avrebbe scelto, il destino, per presentarsi alla mia porta e chieder conto della mia sciagurata inanità.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">Naturalmente ora rimpiango di non aver vissuto abbastanza, di aver dato troppa importanza a ciò che avrebbe potuto non averne. Riconosco di non aver saputo guidare la mia esistenza. Non resta molto da dire. Al bisturi la sentenza. Se mai dovessi ritornare a scrivere su queste pagine virtuali, lo giuro, non sarà per raccontare la malattia. Come scrisse Mervyn Peake, <em>"to live at all is miracle enough".</em></span></span></div>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-6822408541093081272012-07-20T14:44:00.000+02:002012-07-20T14:44:13.592+02:00A sense of insufferable gloom<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">"Durante un giorno triste, cupo, senza suono, verso il finire dell'anno, un giorno in cui le nubi pendevano opprimentemente basse nei cieli, io avevo attraversato solo, a cavallo, un tratto di regione singolarmente desolato, finché ero venuto a trovarmi, mentre già si addensavano le ombre della sera, in prossimità della malinconica casa degli Usher. Non so come fu, ma al primo sguardo ch'io diedi all'edificio, un senso intollerabile di abbattimento invase il mio spirito.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Contemplai la scena che mi si stendeva dinanzi, la casa, l'aspetto della tenuta, i muri squallidi, le finestre simili a occhiaie vuote, i pochi giunchi maleolenti, alcuni bianchi tronchi d'albero ricoperti di muffa; contemplai ogni cosa con tale depressione d'animo ch'io non saprei paragonarla ad alcuna sensazione terrestre se non al risveglio del fumatore d'oppio, l'amaro ritorno alla vita quotidiana, il pauroso squarciarsi del velo. Sentivo attorno a me una freddezza, uno scoramento, una nausea, un'invincibile stanchezza di pensiero che nessun pungolo dell'immaginazione avrebbe saputo affinare ed esaltare in alcunché di sublime."</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana; font-size: x-small;">Edgar Allan Poe, <em>Il crollo della casa degli Usher</em> (Trad. M.Gallone, BUR)</span></div>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-17891145570635360252012-07-19T12:00:00.001+02:002012-07-19T12:00:41.322+02:00Tutto passerà, come fumo dai bianchi meli<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Non ho rimpianti, non chiamo, non piango,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">tutto passerà, come fumo dai bianchi meli.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Afferrato dall'oro dell'appassimento</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Io non sarò mai più giovane.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Tu ora non batterai più così, </span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Cuore, toccato dal freddo,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">E il paese intessuto di betulle</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">non mi attirerà a bighellonare a piedi nudi.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Spirito di vagabondo! Tu sempre più di rado, di rado</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Fai muovere la fiamma delle labbra</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">O mia freschezza perduta,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ardire degli occhi e piena di sentimenti.</span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Tutti noi, tutti noi in questo mondo siamo destinati a morire,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Dagli aceri quieto fluisce il rame delle foglie...</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Sii tu per sempre benedetto,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Tu che sei venuto per fiorire e morire.</span><br />
<br />
<span dir="auto"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Sergej Esenin, 1921 (trad. E.Bazzarelli)</span></span><br />
<br />exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-88946232733399490692012-07-05T17:27:00.000+02:002012-07-05T17:27:34.351+02:00L'importanza di essere gentili<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Una Tac è una Tac, è chiaro. E il mezzo di contrasto è quel liquidino che, una volta in vena, per una manciata di secondi ti fa sentire incandescente. Se però ad accompagnarti in una simile indesiderata avventura ci sono persone gentili, pazienti, comprensive, che provano a distoglierti dalle tue ansie, che ti chiedono mille volte come ti senti, se è tutto ok, se ce la fai da solo o hai bisogno di una mano, a esame ultimato almeno non ti resta addosso niente di traumatico; il che, in tempi di malattia, non è poco.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Milletrecento euro al mese guadagna una persona che ha il delicato compito di accogliere creature (d'ogni età, indole e povenienza) impaurite, prepararle all'esame, iniettare loro il liquido e badare che tutto funzioni a dovere. Milletrecento euro e un impiego diviso tra due ospedali <em>("ci mandano una settimana qua e una là"</em>). Dopo trent'anni di lavoro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Qualcuno mi dirà che, stipendio o non stipendio, la gentilezza, al pari del coraggio, uno non se la può dare. È vero fino ad un certo punto. Perché se è ovvio che la gentilezza in una persona non è direttamente proporzionale allo stipendio, è altamente probabile che un trattamento economico e umano inadeguato - per non dire umiliante - generino disamore per la professione. Se l'immenso capitale umano e professionale del personale medico e paramedico continuerà ad essere gestito esclusivamente secondo le fredde logiche dell'economia aziendale possiamo aspettarci solo il declino di un sistema sanitario nazionale che, in linea di massima, resta invidiabile. Certo la gentilezza di medici e infermieri da sola non cura, ma non ho dubbi sul fatto che aiuti a guarire.</span></div>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-64624741086659536972012-06-24T22:45:00.000+02:002012-06-24T22:51:14.544+02:00Racconto d'estate<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Parcheggiò all’ombra dei platani e si sentì al sicuro. Sapeva di aver collocato l’auto perfettamente all’interno del perimetro rettangolare blu: un pensiero che infondeva sollievo. Poteva dormire. Voleva dormire. Chiudere gli occhi e abbandonare il capo. Avrebbe sollevato sospetti nei passanti? Qualcuno si sarebbe permesso di bussare al finestrino e chiedere se tutto era a posto? Probabile. Un tempo nessuno veniva a romperti le scatole se ti addormentavi in macchina. Adesso non si poteva dire. La testa della gente è assediata dalla televisione, pensò: ogni inezia è buona per cavarne una trasmissione. La gente non ha più pace, si disse: i telefoni, internet, i giornali. Trasalì al pensiero delle quattro recensioni che avrebbe dovuto consegnare l’indomani. Quattro recensioni. Gli risultava incomprensibile come la gente riuscisse ancora a creare, scrivere. E scrivere romanzi, poi. A lui le parole erano volate via da un pezzo. Gli piaceva il vocabolo <em>afonìa </em>per descrivere l’appassimento della sua fede nella parola. La disperazione soffoca le parole come il vomito annega il respiro. Una verità lapidaria da trascrivere con urgenza. Ma si ricordò di non avere una penna. Aveva con sè un blocco per appunti, ma non una penna. Si compatì: trascrivere a che scopo?</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Lo confortava il pensiero di avere già acquistato in una precedente occasione i tagliandi prepagati per la sosta: non aveva dunque bisogno di trascinarsi fino all’edicola. Si prese del tempo per recuperare energia; restava da decidere in quale bar fare colazione. Pensò al caffè vicino al tribunale, dove le brioche erano bionde, piene di zucchero a velo e per niente burrose, e l’espresso era sempre accompagnato da un preziosissimo bicchierino d’acqua. Ma si sentiva troppo rintronato per fare colazione accanto a giudici e avvocati: tutto in loro - dalle borse di cuoio alle voci acide cariche di sottintesi - gli incuteva soggezione.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Aprì la portiera e incontrò i cubetti di porfido rosso che, nelle zone d'ombra, assumevano la sfumatura di certe foglie d’acero: era la sua città, era al sicuro, finalmente. Non si era mai sentito così parte della città come da quando l’aveva lasciata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Si decise per il bar delle commesse, sotto i portici, circondato dai grandi magazzini. Non era facile mettere in moto un corpo tanto logoro, costringerlo a dialogare con una mente annebbiata. Lo confortava il pensiero che nel bar delle commesse avrebbe potuto sedersi su una di quelle pratiche sedie arancioni che già gli avevano riscaldato certe gelide mattine invernali.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Nel buio del sottopassaggio si accorse di una giovane donna che avanzava a passo spedito alle sue spalle: la vide riflessa nella vetrina ancora oscurata di uno dei tanti megastore della zona. Si immaginò che fosse giovane per via degli abiti attillati – leggins e maglietta – e della capigliatura sbarazzina ma in realtà poteva distinguerne solo la figura nera, perfettamente omogenea e ben delineata, dentro l’oscurità della vetrina. Vide la figura nera crescere di dimensioni davanti a lui con regolarità, come su uno schermo, e si ricordò improvvisamente di un video di Bill Viola – una mostra, da qualche parte nel mondo - in cui una donna in lunghi abiti scuri – nero e blu inchiostro i colori dominanti – avanzava a passo deciso su una spiaggia o nel deserto, non ricordava con precisione. Ma era il movimento, il movimento regolare, l’incedere, la progressione lenta e inesorabile: era questo a incastrare la sua attenzione, a scolpire finalmente una traccia vitale nella sua immaginazione offuscata.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Scatto della luce, fine del tunnel. Bar delle commesse. Contrariamente alle previsioni, nella saletta solo due uomini di una certa età immersi nella lettura del quotidiano locale. Niente frotte di commesse-ragazzine raggrumate attorno ai tavoli a chiacchierare di unghie e vestiti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">La ragazza che prendeva le ordinazioni gli piaceva perché era sveglia, senza fronzoli e portava occhiali dalla spessa montatura nera. Ha già ordinato, signore? Facciamo un po’ di spazio sul tavolo, vuole, signore? Mi dica, signore! Sì certo! Pratica, educata e veloce. È così che si lavora, pensò. Così gli sarebbe piaciuto lavorare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Cercò di far durare caffè e brioche il più a lungo possibile e, non sentendosi ancora pronto ad affrontare il giorno, estrasse dallo zaino alcuni articoli stampati da siti di quotidiani stranieri: ne aveva a decine, e alcuni risalivano a settimane prima, e si riferivano a stragi, crisi, tragedie ormai risolte, in un modo o nell'altro, o semplicemente superate da nuove stragi, crisi, tragedie. Non riuscì a mantenere a lungo la concentrazione. La sua immaginazione virò di nuovo verso le installazioni di Bill Viola. Ripensò al video con l'abito scuro della donna che lentissimamente, ma con una progressione inesorabile, arrivava a riempire l'intero campo fino a trasformarsi in un'onda nera palpitante. Chi si fosse imbattuto nel video in quel punto non avrebbe mai potuto immaginare la donna e la sua lunga camminata. Tutti noi abbiamo una visione parziale delle cose, riflettè. E, quel che è peggio, da quella visione limitata, da un frammento, facciamo discendere il nostro concetto di oggettività. La nostra percezione della realtà. Il nostro bene e il nostro male. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ricacciò gli articoli stranieri alla rinfusa dentro lo zaino, consapevole che stragi, crisi e tragedie non avrebbero mai avuto fine. Lo scoramento provocato da questa considerazione - e dal sospetto che la cronaca doviziosa di tante sciagure non fosse altro che una perversione utile solo ad alimentare la spirale - gli fece dimenticare la voglia di ritornare all'inizio del tunnel ad osservare altre figure - non certo la sua - ingigantirsi lentamente dentro lo schermo nero della vetrina.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Nella luce schiacciante del primo mattino si risvegliava la vita molle dei primi giorni senza scuola: le fermate degli autobus poco affollate, mamme coi figli appresso - ma solo quelli piccoli, però; gli adolescenti, si sa, amano dormire. Non era venuto in città per una ragione precisa, non aveva commisioni da sbrigare: si era semplicemente comprato un paio d'ore di autonomia, due ore di zona franca - l'auto nel perimetro blu, cioè la delimitazione e l'affermazione del suo spazio, un suo diritto, per un paio d'ore incontestabile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Dopo aver girovagato a caso in qualche grande magazzino si sentì sopraffatto dall'abbondanza grottesca di capi d'abbigliamento in esposizione. Una quantità mostruosa che la città avrebbe potuto smaltire solo in un numero imprecisato di stagioni. La bruttezza dei capi lo affliggeva. Gli abiti destinati alle cerimonie erano patetici senza appello: gusto spagnolo e manifattura cinese davano vita ad un connubio indescrivibile. L'impronta mediorientale - applicazioni in cotone e perline - su giacche destinate a cresime e matrimoni risultava di una sciatteria nauseabonda.<br />C'era una forma di violenza in quel cattivo gusto imposto alle masse, in quella volgarità seriale che non lasciava margine di scelta. E non volle chiedersi quali mani, in quali condizioni, avessero imperlinato quelle giacche dai colori improbabili.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">L'atmosfera - irrespirabile - era drogata da una palpabile sciatteria della mente, dal totale immobilismo dell'immaginazione. E tutto questo mentre lui aveva appena scoperto il miracolo del movimento, le energie che un'immagine in movimento può far scaturire. La dimensione contemplativa del movimento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">I rintocchi provenienti dal campanile della basilica lo sollecitarono a ritornare sui suoi passi: le due ore di autonomia erano appena scadute e il rischio di una multa sventolante dal tergicristalli era molto concreto. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">All'interno dell'auto la temperatura era esplosiva ma lui aveva bisogno di assorbire tutto quel calore. Aveva delle scorie da bruciare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<span style="font-size: x-small;"></span></div>
<span style="font-size: x-small;"></span></div>
<span style="font-size: x-small;"></span></div>
<span style="font-size: x-small;"></span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-40856671657142067482012-06-10T18:03:00.002+02:002012-06-12T22:07:46.430+02:00La stanchezza mangia l'anima<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Il temporale di stanotte ha abbattuto la mia dalia. Il suo bocciolo promettente era una delle poche cose che desse un senso a questo grigissimo scorrere dei giorni. Il bluesman sostiene che la dalia e il suo gambo energico ce la faranno, si rimetteranno in piedi presto. Sarà: ma alla luce dei nuvoloni neri che vanno addensandosi, mi è difficile credere alla resurrezione della dalia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Esattamente trent'anni fa moriva Rainer Werner Fassbinder. A 17 anni, grazie alla Rai, avevo già visto tutti i suoi film più importanti, Berlin Alexanderplatz (integrale) compreso. Attraversai gli ultimi giorni di scuola con lo stesso animo desolato e schifato che mi ritrovo oggi: in classe certo non c'era nessuno con cui potessi condividere quella perdita. Era un dolore troppo privato, così privato che anche oggi mi disturba parlarne. I miei compagni pensavano alle vacanze, ma io non avevo vacanze in programma. Ricordo che mi comprai un sacco di classici tascabili supereconomici - Alfieri, Camus e chissà che altro - e trascorsi i primi giorni d'estate chiusa nella mia stanza a leggere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Un paio di mesi più tardi, mio fratello A., con uno di quegli slanci paternalistici che ancora oggi ogni tanto sono costretta a rimproverargli, decise che ci avrebbe fatto bene visitare un po' di Germania. In un dorato giorno di fine agosto facemmo tappa ad Altdorf, consumando all'ombra di un albero secolare, nei pressi del convento dei cappuccini, le frugali provviste di cui ci aveva dotati nostra madre. Ci vide un anziano signore in completo e cappello nero, barba bianca e bastone da passeggio, che, nel silenzio assolato dell'ora più calda, percorreva il sentiero con pensosa determinazione. Era uno di quei giorni perfetti dai contorni nettissimi che solo la fine dell'estate sa regalare. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ebbi la sensazione di essere finita dentro un libro di Hermann Hesse e mi vergognai un poco delle briciole di plum-cake che andavo spargendo e del frusciare della carta stagnola.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana; font-size: x-small;">Zurigo, Monaco e Stoccarda, dove giungemmo all'ora malinconica del tramonto: un gruppo di orchestrali - le donne in neri abiti svolazzanti - raggiungeva il luogo dell'esibizione. A differenza di noi due, tutti in quella città, a quell'ora, avevano una destinazione, un luogo da raggiungere. Dormimmo in una specie di bettola - credo che ci tornò utile l'essenziale tedesco turistico appreso nel corso delle vacanze infantili in Alto Adige - e la mattina ci fu servita una devastante colazione germanica. Dopo qualche giorno facemmo rientro in Italia attraverso il passo del Giovo: essendo rimasti quasi senza benzina, percorremmo tutto il passo in discesa a motore spento fino a Vipiteno. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana; font-size: x-small;">Non provo alcuna nostalgia. Sono stata raramente felice nella mia giovinezza e, forse per questo, ho sempre provato una singolare attrazione per le persone infelici. Quel che rimpiango è la capacità che avevo un tempo di percepire una perdita come un'ingiustizia, e, conseguentemente, di reagirvi con una sfida. Oggi vivo il mio tempo come un'oppressione senza speranza, un dovere insensato senza via d'uscita.</span></div>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-22054860053270641952012-06-01T22:06:00.000+02:002012-06-01T22:13:31.709+02:00I 70 anni di Alberto Radius<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Tra gli illustri <em>rockers attempati</em> - come ama definirli </span><a href="http://todrownarose.blogs.com/blog/" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">lei</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"> - che nel 2012 hanno tagliato il traguardo dei 70 in eccellenti condizioni artistiche, non va assolutamente dimenticato Alberto Radius. Il suono torvo e tagliente della sua chitarra ha caratterizzato buona parte della musica popolare di qualità degli anni '70 e '80; un suono dal retrogusto amaro e vagamente ironico, sostenuto da una raffinatezza nel fraseggio davvero raro nel panorama italiano. Ascoltare Strade dell'Est di Battiato per credere. Felice compleanno Alberto Radius.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/HLxUy5cKq7w" width="560"></iframe>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-82350484925508238232012-05-31T21:35:00.000+02:002012-06-01T12:28:46.468+02:00Resistere<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">In ufficio, di questi tempi, sono sottoposta a una pressione tale che l'unica strategia difensiva possibile è la fuga. Così oggi pomeriggio per evitare una crisi di nervi dalle conseguenze imprevedibili - il cuore si era fatto ballerino e la mente già proiettava con insistenza immagini di me digrignante, armata di matite appuntite e lanciata furiosamente contro il capo - ho chiamato in causa un impegno inderogabile e ho abbandonato la postazione un'ora prima del previsto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">L'aria aperta ha prodotto subito effetti benefici. Ho attraversato la campagna assolata dove i soliti tre signori un po' ingobbiti che vivono nella stessa casa - saranno fratelli? non si sa - tagliavano l'erba con la falce (ovvero <em>facevano il fieno</em>). Poi sono andata all'ufficio postale a spedire un messaggio di felicitazioni alla mia amica ormai naturalizzata dublinese che la settimana prossima convolerà a nozze in un romantico angolo della contea di Meath; inutile dire che la invidio molto: non per il matrimonio ma per la contea di Meath e per la naturalizzazione dublinese.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Dopo un salto al </span><a href="http://lasoffittadifuchsia.blogspot.it/2008/11/al-bar-degli-spettri.html" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Bar degli Spettri</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"> - dove ho acquistato un grattaevinci da tre euro che ne ha fruttati ben dieci: ora sì che sono ricca - sono andata a far benzina e infine al supermercatino dei disperati a comprarmi un cestino di fragole.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ed ora sono qui, con la malinconia che presto si tramuterà in angoscia, a contemplare il balconcino fiorito: un tripudio di rossi e rosa in ogni possibile variante e gradazione. Meno male che c'è Rebecca, la mia bellissima gattina enigmatica - tuttora un mistero insondabile - che schizza qua e là per il giardino, lucida macchia di velluto nero contro lo splendore dell'erba. Rebecca non è esattamente il gatto coccoloso che tutti sognano, però è, a modo suo, molto affettuosa ed estremamente comica, soprattutto quando dà la caccia a volatili che non potrà mai raggiungere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Così le ombre calano sull'ennesimo nulla di fatto. Ci si accontenta di equilibri precari, ci si confronta con attese snervanti; in breve, si cerca di resistere. Un pensiero carico di affetto e nostalgia, a tutti i miei amici emiliano-romagnoli che per ben altre ragioni, in questo momento, si trovano a condividere il mio stato d'animo.</span></div>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-21456631590982403382012-05-27T21:25:00.003+02:002012-05-28T06:59:17.590+02:00Il re del mondo<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Rovistare nell'armadio in cerca delle mie scarpette scamosciate avendo negli occhi le immagini oscene delle carneficine siriane mi fa sentire un'idiota, una cretina scollegata dalla realtà.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Oggi pomeriggio sono stata al cinema, e in mezz'ora di trailers non ho visto un fotogramma che non grondasse sangue e terrore. Davvero la gente ha tutto questo bisogno di spaventarsi e nutrirsi di mostruosità? Ma che si guardassero su Youtube i video che arrivano dalla Siria. Forse il problema è che quelle teste spaccate sono tragicamente vere? Certo davanti a quella distesa di corpicini straziati è un po' difficile far calare il sipario autoconsolatorio della finzione, anzi, viene quasi istintivo turarsi il naso per non sentire l'odore del sangue.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><em>Cosmopolis</em> è un film intenso con una sceneggiatura preziosa (peccato non aver letto il romanzo). Immagino che a proposito di questo ultimo lavoro di Cronenberg qualcuno tirerà fuori il solito, temibile aggettivo "moralista" - stigma irrimediabile -, come sempre accade, del resto, quando viene messa in dubbio l'onnipotenza del denaro. Ma ho trovato singolare quell'insignificante particolare scovato per caso nei titoli di coda. <em>Security to Mr. Pattinson</em>. Voglio dire: vedi un film dove la <em>security </em>è tutto - ed è ossessionante, invasiva, asfissiante al punto che per riacquistare un minimo di autonomia sulla propria vita Packer deve eliminare fisicamente la propria guardia del corpo - poi leggi che l'attore che ha interpretato questo personaggio paranoico gira regolarmente con la guardia del corpo. Della serie: ok, abbiamo scherzato, era solo un film. Proprio come i film orrorifici dei trailers che giocano a terrorizzare spettatori annoiati e bisognosi di emozioni forti.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Forse era meglio lasciare il romanzo al suo posto ed evitare di farne un film. O magari sarebbe stato più serio e coerente ingaggiare un attore meno <em>glamorous</em>; puntare sulla qualità del film, sulla forza del messaggio, anche a rischio di un flop. Già, ma siamo sempre lì: e chi l'avrebbe ripagato poi quel flop?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana; font-size: x-small;">Aveva ragione Battiato: il re del mondo ci tiene prigioniero il cuore.</span></div>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-40433916781192813732012-05-08T22:02:00.002+02:002012-05-08T22:02:48.280+02:00La processione ignobile<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Quando vedo la processione ignobile</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Fuoruscire da piccole soglie</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">E volgersi verso la città, in rivoli che divengono ondate</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Di uomini in bombetta che si affrettano</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">A fondersi a donne con borsetta</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Che hanno fretta, fretta,</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Su gambe che vanno veloci veloci</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">In una fretta ignobile, per paura di far tardi, </span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Io mi sento pieno di umiliazione.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">È la loro fretta</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Che è così</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Umiliante.</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /><span style="font-size: x-small;"></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">D.H. Lawrence, <em>The Ignoble Procession</em>, traduzione di Franco Buffoni (in </span><a href="http://www.ibs.it/code/9788871686103/buffon-franco/una-piccola-tabaccheria.html" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Una piccola tabaccheria</span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">, ed. Marcos y Marcos 2012)</span><br />exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-72452546297837022132012-04-28T21:21:00.002+02:002012-04-28T21:25:22.611+02:00Centro di gravità isolante<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">È uno di quei periodi in cui mi fa particolarmente male vivere. Qualsiasi cosa fa male. Certo la primavera coi suoi estremismi è fatta apposta per acuire questo stato di cose, e questo stato di cose mi rende particolarmente intollerante nei confronti degli imbecilli. Il che spiega perché l'altro giorno mi sia riuscito così facile mandare a quel paese il mio capo. Il quale ha poi reagito bonariamente cercando - senza successo - di minimizzare e ricucire lo strappo <em>("sembrava Berlusconi"</em> a detta di un giovane collega presente alla zuffa).</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Sta di fatto che stamane sono uscita di casa intenzionata ad acquistare un ombrello per il bluesman - essendo il suo andato distrutto durante una discussione particolarmente vivace in un'alba di tempesta - e mi sono ritrovata invece a girovagare senza meta per il centro di Varese. Dovevo anche andare a cercare un certo libro, ora che ci penso. Invece mi sono lasciata distrarre da un paio di simpatiche <em>chanel</em> che "bucavano" la vetrina di un negozio di calzature conservatrici: di vernice rosa bordate di rosso e viceversa, mi hanno fatto pensare a quei bizzarri modelli di Vivienne Westwood - con applicazione di golosissime ciliegie scarlatte o lucide sfere blu del tipo addobbo natalizio - viste a Londra un paio d'anni fa; tanto più che queste, se ho capito bene, andrebbero indossate spaiate, cioè su un piede una scarpa rosa bordata di rosso, sull'altro la rossa con rilievi rosa. Ricordo di aver letto da qualche parte che Helena Bonham Carter si presentò ad una serata di gala con scarpe di diverso colore. Certe arditezze in uno storico negozio conservatore del centro di Varese mi impressionano.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">E che dire delle <em>mid season promotions</em> ostentate con falsa naturalezza da Benetton, Stefanel e Levi's?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">Intanto però scopro che in Piazza del Podestà - Piazza del Garibaldino secondo la preferibile vulgata locale - ha aperto una boutique Dior nella quale tante piccole borsette dai colori orribili occupano ciascuna uno scaffale di cristallo. Poco più avanti sfavilla l'enorme, recentissima boutique Gucci. Quanto a Hermès, corre voce in città che "<em>lavori tantissimo".</em></span></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Constatato che anche dopo due caffè, il secondo dei quali offerto dall'estetista - sì </span><a href="http://lastexitstrategy.blogspot.it/2011/06/dallestetista.html" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">sempre quella che non saprebbe cosa fare a Londra </span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">- la situazione non accennava a migliorare, mi sono dovuta arrendere all'evidenza: quando niente sembra andare per il verso giusto, quando nulla sembra fare veramente la differenza, quando non c'è bussola in grado di dare indicazioni, è il momento di comprare un paio di scarpe. Scarpe, sandali: non ha importanza. Una delle ragioni per cui ho imparato ad amare l'inverno è la possibilità che mi offre di indossare robuste scarpe di foggia maschile, quando non militare: uno spesso strato di pelle e gomma contro tutto. In estate do sfogo alla voglia di zeppa. Zeppa e plateau, possibilmente, o un tacco sufficientemente alto da staccarmi da terra, qualcosa che funzioni da isolante nei confronti della realtà. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">I sandali che ho comprato stamattina hanno un valore aggiunto: le borchie anni '70 mi ricordano i tanto agognati zoccoli della mia preadolescenza: non un periodo felice, ma un tempo in cui sognare era vitale e l'istinto di sopravvivenza ancora intatto. Quasi che le mie nuove zeppe borchiate - dotate pure di corda e fibbie ben evidenti per un surplus di dettagli <em>seventies -</em> richiamando una mia antica identità, potessero in qualche modo ricollocarmi sulle strade del mondo, riavvicinarmi a un possibile centro di gravità. Un centro di gravità del tutto privato, sia chiaro, e soprattutto staccato da terra di almeno una dozzina di centimetri.</span></div>
</div>
<span style="font-size: x-small;"></span></div>
<span style="font-size: x-small;"></span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-52865402885831551772012-04-25T14:09:00.002+02:002012-04-25T14:10:13.451+02:0025 Aprile<span style="font-family: "Courier New", Courier, monospace;"></span><br />
<em><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"Su molte facce intorno c'era il dubbio</span></em><br />
<em><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">e la stanchezza.</span></em><br />
<em><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ma non su quella di Dante di Nanni."</span></em><br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/XXnEMfoXaCU" width="420"></iframe>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-34447898042330427332012-04-21T15:57:00.002+02:002012-04-21T15:57:10.208+02:00Record Store Day 2012<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="281" mozallowfullscreen="" src="http://player.vimeo.com/video/20301626" webkitallowfullscreen="" width="500"></iframe>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-48072598777406671352012-04-20T21:32:00.000+02:002012-04-22T11:24:50.139+02:00La Petite Messe Solennelle di Rossini a Varese: a ciascuno la propria rivoluzione<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Appollaiata in posizione strategica in una cappella del transetto, in attesa della piccola messa solenne rossiniana, non riesco a staccarmi dai protagonisti del romanzo che ho appena finito di leggere. Tra le due opere – </span><a href="http://www.amazon.co.uk/Pure-Andrew-Miller/dp/1444724258" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"><em>Pure</em></span></a><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;"> di Andrew Miller e la <em>Petite Messe Solennelle</em> – non c’è alcuna relazione; eppure sento qualcosa di appropriato, quasi necessario, in questo abbinamento voluto dal caso.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Mi chiedo se non sia Parigi l’elemento forte in grado di trascinare fin qui, fino a questo altare di marmo chiaro - le due file di sedie che attendono il coro, i due pianoforti smaglianti e l’harmonium collocato al centro - la suggestione di un romanzo cupo, intriso di pioggia e putridume. Non è Parigi, concludo: eccezion fatta per qualche traccia linguistica, qualche arcaismo di chiara ascendenza francese, <em>Pure</em> è un romanzo profondamente inglese – solo gli inglesi sanno titillarsi così magistralmente col macabro, solo un inglese poteva accingersi con tanto stile alla descrizione dello svuotamento di un vecchio cimitero ammorbante. In ogni caso la Parigi in cui l’ingegnere Jean Baptiste Baratte compie la propria missione purificatrice è una Parigi che di lì a poco sarà stravolta dalla Rivoluzione, mentre Rossini concepisce la sua ultima opera importante in una città che ha ormai cambiato pelle più volte. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">C’è però in entrambi i lavori il senso di una solitudine ostinata, un disagio esistenziale insopprimibile, un percorso intimo che, nonostante tutto, non può fare a meno di scavalcare le faglie della storia: una sofferenza individuale che, scavo dopo scavo, o nota su nota, sopravvive ai movimenti tellurici delle epoche e porta a compimento il proprio destino.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">La famosa "fragilità" – oggi diremmo sbrigativamente depressione - di cui si doleva Rossini nel dorato e volontario esilio parigino era anche disagio nei confronti del Nuovo in arrivo (il wagnerismo rampante) e dell’onnipresente ipocrisia. Baratte, nel dissotterrare scheletri su scheletri (e pure qualche cadavere), vede distintamente come i sogni di gioventù non coincidano con la realtà, prende atto del fallimento di un idealismo finito letteralmente sotto terra. In questo confronto tra vecchio e nuovo, nel conflitto tra antichi splendori e fine del sogno, la tentazione di gettare la spugna è per entrambi fortissima.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Forse è proprio il Potere, la monumentale, granitica stoltezza del Potere a sollecitare la dignità dei due uomini – entrambi stranieri a Parigi - feriti dalla vita: il giovane ingegnere che dalla Normandia giunge in città con l’illusione di dare una svolta al proprio futuro e il compositore italiano di successo in crisi creativa. Lo scontro fra l’intelligenza dell’uomo e l’assurdità del Potere scatena una reazione propulsiva. Nel condurre a termine la propria missione impossibile – dissotterrare decine di migliaia di scheletri, ma si tratta di ordini impartiti direttamente da Versailles! -, scavando fuori e dentro di sé, Baratte si libera anche della propria zavorra individuale, di un vincolante retaggio famigliare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Quanto a Rossini mi riesce difficile immaginare, per un compositore dell’epoca, un gesto più rivoluzionario della creazione di una messa da camera, in aperto dissenso con la bolla papale che impediva alle donne di cantare nei luoghi di culto. Mai il compositore avrebbe sottomesso la propria arte, la propria ispirazione e, perché no, la propria fede ad una assurda bolla papale. Una messa da camera più moderna di tanta musica ormai in voga nei teatri d’opera del tempo. Una messa che più <em>soggettiva</em> di così non potrebbe essere, con azzardi melodici e armonici che sembrano non avere fine e un pianoforte (harmonium e secondo pianoforte servono essenzialmente a rimpolpare il suono in alcuni frangenti) che sostiene tutto quanto: coro, solisti, l’intera struttura dell’opera. Una parte tecnicamente non troppo impervia che tuttavia necessita di un pianista dotato di una profonda sensibilità operistica (in questo senso massima lode a Vincenzo Scalera).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">La Basilica di San Vittore rifulge in tutto il suo splendore barocco e non potrebbe essere più lontana dalla chiesa semidiroccata, annessa al cimitero degli Innocenti, che viene rasa al suolo nel romanzo di Andrew Miller. E improvvisamente mi ricordo che la parola conclusiva del romanzo è <em>luce</em>. </span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
</div>
</div>
</div>
</div>
</div>
<span style="font-size: x-small;"></span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1990832709562592873.post-61985775000340122912012-04-14T22:52:00.000+02:002012-04-19T21:33:03.359+02:00Wuthering Heights di Andrea Arnold<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivO3c2LMTCDPb_2UdIPCEgLqRnAfQhwrmu0Zw-AtmatTfckpi3Rx31hzUYjJTffvLf6t-izoS-P4teJ2OgyYpb-WpMZdWROJscZmkAespy8rZal7lmntLUckGHcEfDFPZEXxyXbJV9/s1600/wuthering+heights.png" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="245" nda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivO3c2LMTCDPb_2UdIPCEgLqRnAfQhwrmu0Zw-AtmatTfckpi3Rx31hzUYjJTffvLf6t-izoS-P4teJ2OgyYpb-WpMZdWROJscZmkAespy8rZal7lmntLUckGHcEfDFPZEXxyXbJV9/s320/wuthering+heights.png" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Non è rimasto molto del capolavoro di Emily Brontë nella riduzione cinematografica realizzata dalla regista britannica Andrea Arnold: e non mi riferisco solo ai sostanziosi tagli apportati alla vicenda narrata nel romanzo; da parte di Andrea Arnold c'è il preciso intento - dichiarato in numerose interviste - di raccontare la storia secondo il proprio gusto, secondo i propri canoni stilistici. </span><a href="http://www.guardian.co.uk/film/2011/sep/06/wuthering-heights-andrea-arnold-venice" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">"I really wanted to honour Brontë," the director claimed.</span></a><a href="http://www.guardian.co.uk/film/2011/sep/06/wuthering-heights-andrea-arnold-venice" target="_blank"><span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">"Wuthering Heights is a strange, dark and profound book and I wanted to honour that spirit. I made decisions that felt true to me but also true to the spirit of the book."</span></a></div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Per mantenersi fedele allo spirito del romanzo, Arnold imposta il registro dell'asprezza a tutti i livelli: il vento come unica colonna sonora, dialoghi ridotti all'essenziale, povertà e ignoranza, fango e sporcizia raccontati con la tipica ineleganza della macchina da presa a spalla. Per qualche minuto l'idea funziona: è proprio in un mondo fatto di ruvidezze che ha origine il rapporto esclusivo tra Heathcliff e Catherine - per sua natura un rapporto "contro" -, vero nucleo del capolavoro di Emily Brontë. Di fatto, l'iperrealismo di Arnold finisce per avvitarsi su se stesso: e così, dopo un'ora di fango e vento, brughiere senza pace e selvaggina sanguinante, ci siamo fatti un'idea molto chiara del fatto che gli esseri umani sono bru(t)ti e cattivi e il mondo si regge sulle ingiustizie ma siamo a metà film e l'iniziale spaesamento del giovane Heathcliff sembra non avere vie d'uscita, non subire evoluzioni di sorta. Quel che è peggio, per cementare il legame tra i due giovani protagonisti, Arnold decide di introdurre qualche indizio di carnalità morbosa totalmente estraneo al romanzo e lontanissimo dalla sensibilità di Emily Brontë. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Non paga di ciò, pur di risultare alternativa a tutti i costi, la regista decide che Heathcliff deve essere interpretato da un attore di colore. Scelta piuttosto inefficace dal punto di vista narrativo perché ha l'unico risultato di confinare Heathcliff nel ruolo evidente di schiavo, di "diverso" senza speranza. Colui che nella fantasia di Emily Brontë viene descritto come "dark skinned gypsy" - definizione vaga e meravigliosa che scatena la fantasia del lettore -, nel film è un bellissimo, taciturno ragazzino di colore costretto a passare la mano, quando è il turno di Heathcliff adulto, a un attore perennemente corrucciato e ripiegato su se stesso che non ha nulla, ma proprio nulla, del magnetismo inquietante di Laurence Olivier nell'indimenticata versione cinematografica di William Wyler.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Lo svolgimento del film è notevolmente sbilanciato a favore del periodo adolescenziale della storia; il rapporto tra Catherine e Heathcliff adulti viene tratteggiato in modo piuttosto sbrigativo ed è un vero peccato perché Kaya Scodelario è un'attrice ineteressantissima che avrebbe saputo esprimere perfettamente la complessa personalità di Cathy: lo spazio che le viene concesso è purtroppo piuttosto limitato. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Ossessionata com'è dal realismo e dai dettagli d'epoca - sembra che alle intepreti femminili sia stato chiesto addirittura di non depilarsi - Arnold trascura completamente l'aspetto gotico della storia, pare del tutto insensibile al concetto di mistero e alle inafferrabili dinamiche della comunicazione extrasensoriale. La scena in cui Heathcliff si avventa sul cadavere dell'amata ricoprendolo di baci, lungi dall'essere gotica, è semplicemente di cattivo gusto. E il tentativo di riesumazione della bara è semplicemente degno di un horror inclassificabile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Questa recente rilettura di <em>Wuthering Heights</em> è, in estrema sintesi, un tentativo ambizioso non andato a buon fine: più che indagare gli abissi della psiche e restituirci le passioni d'amore come rapporti di potere, Andrea Arnold - al di là di parecchie cadute di stile - ci ha offerto essenzialmente un documentario ben dettagliato delle condizioni di vita nelle campagne inglesi nei primi decenni del secolo diciannovesimo.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<span style="font-size: x-small;"></span>exithttp://www.blogger.com/profile/02778664168650079738noreply@blogger.com0