venerdì 24 dicembre 2010
martedì 14 dicembre 2010
Ho perso le parole
domenica 5 dicembre 2010
JP, Chrissie & the Fairground Boys
sabato 4 dicembre 2010
mercoledì 1 dicembre 2010
Dicembre
lunedì 29 novembre 2010
Cronache d'inverno
I rami del caco, colpiti dalla luce pur flebile del primo mattino, esalavano un vapore incessante: sulla sommità delle lunghe dita fumanti - corvine e muschiate - resistevano grappoli di frutti anneriti, marciti dal gelo e dal selvaggio becchettare dei merli. Una buccia arancione penzolava vizza da un rametto come osceno relitto di una strage. Radiografate dal sole, le gocce di neve sciolta si accendevano e pulsavano come stelle prima di abbandonare lo scheletro e lasciarsi cadere al suolo.
mercoledì 24 novembre 2010
I ain't gonna face no defeat / I just gotta get out of this prison cell / One day I'm gonna be free, Lord!" - Remembering Freddie Mercury (5 September 1946 – 24 November 1991)

“Non gli sarebbe piaciuto invecchiare, uno dei motivi per cui non assunse un atteggiamento più combattivo una volta scoperto di avere l’AIDS. Da iperattivo aveva sempre bisogno di impegnarsi in qualcosa. Considerava il sonno un enorme spreco di tempo. Se non lavorava si dedicava al sesso, un’attività piacevole e divertente, da svolgere senza investirci le emozioni profonde che andavano invece incanalate verso la scrittura di nuovo materiale. L’amore di cui cantava apparteneva a un’altra dimensione e non so se lo sperimentò mai di persona.”
martedì 23 novembre 2010
Racism in the UK
domenica 21 novembre 2010
Lost in the stars
lunedì 15 novembre 2010
domenica 14 novembre 2010
sabato 13 novembre 2010
venerdì 12 novembre 2010
In the middle of nowhere
venerdì 5 novembre 2010
Famiglia e famiglia
lunedì 1 novembre 2010
Jardins sous la pluie
Lo scopo delle investigazioni
giovedì 28 ottobre 2010
Primo ghiaccio di stagione
lunedì 25 ottobre 2010
Blues for Haiti
sabato 23 ottobre 2010
venerdì 22 ottobre 2010
Civiltà e progresso
giovedì 21 ottobre 2010
Dal fronte
sabato 16 ottobre 2010
Al supermercato
All'ufficio postale
mercoledì 13 ottobre 2010
Tombeau
sabato 9 ottobre 2010
Noi ci saremo
venerdì 8 ottobre 2010
Solitude standing
martedì 5 ottobre 2010
Un giorno qualunque
venerdì 1 ottobre 2010
Ottobre
Non posso fare a meno di registrare, da parte mia, il sempre crescente disinteresse nei confronti del web e la totale sfiducia nella mia capacità di comunicare; di pari passo va aumentando anche il mio disprezzo nei confronti del genere umano. Perfettamente in sintonia con il Lied proposto da Endimione, scelgo la solitudine e torno a riabbracciare la grande musica. A ciascuno il proprio bene rifugio.
domenica 26 settembre 2010
Piccoli editori in mostra al castello di Belgioioso
giovedì 23 settembre 2010
An eye for an eye a tooth for a tooth
And put me in Dead Row,
Of which I am nearly wholly innocent, you know.
And I'll say it again
I..am..not..afraid..to..die.
I began to warm and chill
To objects and their fields,
A ragged cup, a twisted mop
The face of Jesus in my soup
Those sinister dinner meals
The meal trolley's wicked wheels
A hooked bone rising from my food
All things either good or ungood.
mercoledì 22 settembre 2010
domenica 19 settembre 2010
Lezione di dignità

Benché Brian Cowen abbia chiesto pubblicamente scusa per il proprio comportamento irresponsabile - per sua stessa ammissione non confacente al ruolo di un primo ministro - la bagarre stenta a placarsi e la già precaria credibilità del governo sembra minata in modo irreversibile.
Perché racconto questa storiella? Perché, da italiana, trovo che tanta indignazione popolare nei confronti di un politico che si sciroppa una pinta in più sia così teneramente commovente da sembrare quasi buffa. Una notiziola da incorniciare, direi. Per non dimenticare che dignità popolare non è affatto un concetto astratto caduto in disuso.
P.S. grazie a Eleonora per la foto.
giovedì 16 settembre 2010
Il lettore di talento
(Enrique Vila-Matas, Dublinesque, traduzione Elena Liverani, Feltrinelli)
martedì 14 settembre 2010
Il bianco e il nero
Non si può negare però che qualche volta il nero aiuta: isola, semplifica, crea una barriera utile al contenimento del disordine mentale.
A ben pensarci è strano che io non sia riuscita a dire niente del concerto di John Cale. Come se si trattasse di una faccenda troppo privata. Come in effetti era.
White light white heat, mi viene da dire, senza alcuna pretesa di essere originale, perché è un inconsueto candore ad abbagliare il ricordo della serata.
La mia immaginazione da sabato è in silenzioso fermento. Come si sopravvive alla propria leggenda? Probabilmente nel modo più ovvio possibile, cioè cercando di dimenticare di essere una leggenda, ad esempio segnalando con un punto esclamativo su Myspace che il concerto è sold out.
E come ci si sottrae alla terribile responsabilità di aver definitivamente corroso il rock portandone la fine alle estreme conseguenze? Non ci si sottrae ad una simile consapevolezza. Ci si convive. Magari sottomettendosi all’implacabile rigore di un direttore d’orchestra o reclutando qualche mente geniale con cui sintonizzarsi per riattizzare le braci e mettere in ombra ogni possibile epigono. Chissà, forse in questi casi il bianco aiuta.
venerdì 10 settembre 2010
Oltre la siepe
martedì 7 settembre 2010
Flash '80 al Maga di Gallarate: un'occasione sprecata

Considerato che l'ingresso al Maga di Gallarate costa poco meno dell'ingresso al Louvre, mi aspettavo, se non altro, di non essere accolta alla biglietteria da un paio di ragazze distratte, dedite al consueto smaneggio giovanile del cellulare. E da una mostra dedicata agli anni ’80 mi aspettavo evidentemente la rievocazione di un'epoca e della sua estetica.
In realtà, Flash ’80, più che alla mia giovinezza, mi ha rimandata all’infanzia, al tempo in cui facevo il gioco del negozio di scarpe racimolando tutte le calzature disponibili in casa: la scarsità del materiale esposto, peraltro poco rappresentativo, proveniente in gran parte da collezioni private, ha suggerito l’idea di un allestimento casalingo che non ha affatto centrato l’obiettivo. La prospettiva che il Maga offre degli anni ’80 risulta angusta e parziale, un'incongrua commistione fra intenti localistici e l'ambizione - ampiamente disattesa - di stimolare una riflessione globale.
Buona l’idea della proiezione ininterrotta di videoclip musicali, compendio di tendenze e stili a trecentosessanta gradi. Ma la sezione dedicata alla moda risulta spaventosamente brulla: in una sparuta rappresentanza di creazioni d’alta moda che potrebbero appartenere a qualsiasi epoca, grida vendetta la clamorosa assenza di un qualsiasi capo di Giorgio Armani.
Premesso che Armani non è lo stilista con cui più sono in sintonia, è innegabile che fu lui a tracciare le coordinate della moda di quegli anni, fu lui ad ammorbidire (i famosi jeans a vita alta e coscia larga tanto cari ai paninari), a destrutturare (le celebri giacche dalla linea sinuosa), a stondare e fluidificare le forme. Unico reperto interessante, una bella camicia bordeaux con collo a corolla firmata da Romeo Gigli, il cui minimalismo medievaleggiante, all'epoca, si opponeva ideologicamente al rampantismo armaniano.
La sezione dedicata alla musica, che avrebbe dovuto essere fondamentale, soffre purtroppo dei limiti imposti dal suo curatore, Paolo Carù, che ha semplicemente esposto i suoi dischi preferiti usciti negli anni ’80. Piaccia o non piaccia, se si vuole illustrare la produzione discografica del decennio, non si può fingere che Madonna e i Duran Duran non siano mai esistiti. Passi Tom Waits, passi Bruce Springsteen: ma cos’abbia a che vedere Jerry Garcia con gli anni ’80, per me resta un mistero. Secondo me, sul pannello tappezzato di vinili, un posticino per la musica elettronica bisognava trovarlo. Io magari avrei tolto John Mellencamp per far spazio ai B-52’s. E ovviamente mi sarei sentita in dovere di far saltar fuori un angolino per i Depeche Mode o i Cure, al di là della mia sensibilità in materia, semplicemente per la necessità di documentare un’epoca che produsse ex-novo generi musicali con caratteristiche peculiari. E comunque non mi sarei dimenticata di Michael Jackson. Un vero peccato, perché Carù, con la sua cultura musicale pressoché enciclopedica, avrebbe potuto dare un contributo davvero straordinario alla mostra.
Non essendo esperta di arti figurative e design mi astengo dal commentare la sezione dedicata: mi limito a dire che su di me non ha lasciato traccia alcuna, dunque è possibile che anche questa sezione sia stata allestita in modo poco incisivo.
Arriviamo al cinema. Avevo letto di omaggi a Cronenberg, Greenaway, Kieslowski. Può darsi, il punto è che quando sono arrivata io stavano proiettando Ginger e Fred di Fellini che onestamente non mi sembra un film simbolo degli anni'80. Credo che qualsiasi appassionato di cinema – non necessariamente un critico – avrebbe potuto ideare qualcosa di più rappresentativo.
Alla fine del percorso, la letteratura viene semplicemente condensata in un lungo elenco di libri usciti in quegli anni. Chi abbia stilato l’elenco non me lo ricordo più, mea culpa, ma non ho capito la necessità di citare tutti i libri di Tondelli. Non era davvero possibile fare una selezione, limitarsi a uno o due titoli?
Avrei voluto avere con me la macchina fotografica per poter ritrarre quell’elenco infinito, arido e agghiacciante come una lapide commemorativa di soldati caduti per la patria, e ragionarci sopra. Nella mia memoria, in questo momento, oltre ai pluricitati Tondelli e Busi, sopravvivono solo i nomi di Carlo Sgorlon e Daniele Del Giudice. Ah, già, dimenticavo: c’era anche Lara Cardella, con Volevo i pantaloni.
venerdì 3 settembre 2010
Mama Bea Tekielski

Mi ero dimenticata di Mama Bea. E dire che l'avevo amata moltissimo ai tempi di Le Chaos, disco acquistato in occasione di un qualche festival dell'Unità - era ancora il tempo in cui si diceva festival - e rapidamente imparato a memoria. Adoravo la grinta di Mama Bea, la voce immensa dalle mille sfumature, il timbro roco, cosi' profondamente francese, che si apriva volentieri alla sperimentazione, ad un genere di avanguardia che non smetteva mai di rifarsi al rock e alla tradizione.
Je cherche un pays, album d'esordio del 1971, sembra essere l'unico lavoro di Mama Bea ad essere stato ristampato in cd. È il solito problema degli artisti troppo geniali per essere etichettati: ciò che appare inclassificabile viene semplicemente rimosso dagli scaffali dei negozi. Problema risolto alla radice.
Qui c'è la possibilità di farsi un'idea del disco, anche se la qualità audio non rende giustizia ad un lavoro eccellente ed estremamente raffinato per quanto riguarda sia la composizione che gli arrangiamenti: la più classica tradizione francese viene immersa in un sound tipicamente progressive (vedi l'abbondante ricorso al flauto) e su tutto spicca la personalità di Beatrice Tekielski, autrice e interprete singolarissima. Da riscoprire assolutamente.
mercoledì 1 settembre 2010
Settembre
Con saggio realismo, invece, gli uccelli hanno preso a darsi appuntamento sui cavi dell’alta tensione: stazionano a distanza regolare, estremamente sicuri di sé. Catene dentate, onde di filo spinato sembrano legare un traliccio all’altro. Un esercito che s’appresta a sgomberare con gran soddisfazione, si direbbe.
Ovunque è un tripudio d’estate apparente e cieli cristallini, ma il calendario dedicato a Vermeer offre una malinconica veduta di Delft. Inevitabile la grande abbondanza di giallo in primo piano.
“Qualsiasi colore tranne il giallo” raccomando ogni volta che faccio preparare i fiori per la tomba di mio fratello.
“Eh però, il giallo…” sospira il fiorista con rammarico “sapesse come risolve, il giallo…” aggiunge nella speranza di convertirmi.
A pensarci bene la mia è una presa di posizione bell’e buona, perché è vero che in generale il giallo mi provoca una sensazione quasi fisica di disagio, però trovo che le varianti più tenui possano rivelarsi estremamente eleganti, soprattutto se accostate al nero. E mi guardo bene dal dire al fiorista che sì, effettivamente, un po’ di giallo lo potrei anche tollerare, considerato che mio fratello era daltonico e si divertiva a farmi ridere come una pazza indicandomi un rosso smagliante per chiedermi se fosse blu.
La mia, in fondo, è un’ostinazione dura come un dolore, come un ricordo che si vuole difendere a tutti i costi.
Ma non c'è niente da fare: settembre per me è un mese giallo, di un giallo che non riesco a guardare senza stare male. Per questo spero sempre che passi in fretta.
lunedì 30 agosto 2010
Giacinto Scelsi: consigli per gli artisti
Contrariamente a quel che comunemente si crede, io penso fermamente che studino e debbano studiare coloro che talento non hanno, ma soltanto una certa predisposizione, giacché con lo studio applicato, coscienzioso, si può sempre arrivare ad essere buoni pianisti, buoni compositori, buoni artigiani della musica, però non già ottenere opere o risultati geniali: solo opere di alto artigianato, cioè cose rispettabili ed oneste. Ciò è possibile perché, infatti, che significa essere un compositore? «Comporre» significa: porre una cosa con un’altra, e ciò è proprio dell’artigiano più che del vero e grande artista. Quindi coloro che invece hanno un vero e proprio talento, indubitabile, spontaneo, coloro per i quali la creazione è una NECESSITÀ, questi non studino, giacché in realtà per loro questo NON è necessario. La creazione stessa – lo slancio creativo – produrrà e darà loro la forma, e nella maggior parte dei casi una forma nuova. Non è l’organo che crea la funzione, bensì la funzione che crea l’organo; e perciò anche il contenuto crea il linguaggio. Quindi, ripeto ancora una volta: se avete talento non studiate, perché ciò non può fare altro che opporre barriere ed impedire la vera creazione. Questa produrrà da se stessa la forma e il linguaggio nuovi. In altri tempi i conservatori e le scuole di belle arti erano e furono necessarie. Ora non più. Certo alcuni elementi-base sono ancora indispensabili, ma ben pochi. Altro è il lavoro che viene richiesto ora agli artisti, diverso e su di un altro piano."
Wild is the wind
venerdì 27 agosto 2010
Gli Ufo a Radio Padania
Io dico: meno male che almeno l'organo d'informazione ufficiale della Lega Nord, partito che notoriamente ha il suo fondamento nei principi evangelici di carità e accoglienza, ci tiene desta la coscienza e ci guida e ci illumina sulla via della pace interiore, della spiritualità e del progresso.
martedì 24 agosto 2010
lunedì 23 agosto 2010
Non preoccupatevi

sabato 21 agosto 2010
Summer melancholia 2 - No future
venerdì 20 agosto 2010
Gita al lago

Lucerna è una cittadina graziosa, precisa e ordinata come solo una città svizzera può essere. Il lago, le radure erbose sullo sfondo, le antiche torri affilate, il lungo ponte di legno ornato di fiori: gli svizzeri sono riusciti a infilare nel panorama lucernese tutto quello che normalmente uno trova nei paesaggi delle fiabe. Perciò i giapponesi a Lucerna, quando non vengono scaricati in comitiva dentro una qualche gioielleria convenzionata, impazziscono a fotografare qualsiasi cosa, persino le aree di servizio autostradali.
Lucerna è una città in cui tutto, eccezion fatta per le scarpe, costa grosso modo il doppio che in Italia (peccato che, in materia di calzature, la mia sensibilità non coincida minimamente con quella elvetica): persino la fuffa cinese assume un aspetto più chic, a Lucerna.

Di tutte le glorie di cui può a buon diritto vantarsi la città, una in particolare suscita la mia sincera e incondizionata ammirazione: si tratta del complesso avveniristico che in pratica ingloba il KKL, la stazione ferroviaria e una serie di parcheggi sotterranei. Da buona italiana, resto incantata dinanzi all'attuazione di un progetto urbanistico che segue semplicemente un filo logico molto lineare: i parcheggi consentono l'accesso diretto alla stazione; uscendo in superficie ci si trova immediatamente nel centro città affacciato sul lago, a pochi passi dai numerosi eventi musicali e culturali offerti dal KKL; il quale, a sua volta, nonostante il rigore astratto che ne caratterizza l'architettura si inserisce nel contesto con estrema naturalezza.
lunedì 16 agosto 2010
Cimiteri di Londra - Highgate

Credo che il cimitero di Highgate sia il punto della città che esprime la più alta concentrazione di spirito vittoriano. È il documento più autentico di quell'epoca, della sua estetica e delle sue contraddizioni. Sepolcri pagani, ornati di animali e corone d'alloro, anziché di simboli sacri. La sfarzosa rincorsa ad una moda esotica si traduce nell'Egyptian Avenue, in pratica un antro tanto lugubre e opprimente che Charles Dickens, dopo avervi sepolto la figlia, deciderà di trasferirne le spoglie in campo aperto, in un'area ben esposta alla luce.
Ipocrisia (ai suicidi, colpevoli di un atto illegale, veniva negata la sepoltura in terra consacrata); gusto del macabro e necrofilia (ho visto loculi dotati di finestrelle affinché la bara non fosse completamente celata al visitatore); idealizzazione della purezza (i gigli di pietra); anelito di redenzione (i celebri angeli); i nervi scoperti della sensibilità vittoriana si incrociano qui, in questo giardino muschioso, appassionatamente protetto da guardiani gelosi. Un patrimonio inestricabile di verità e leggenda.
Credo che l'anima autentica di Londra risieda al cimitero di Highgate. Ascoltando il racconto della leggendaria esumazione notturna di Lizzie Siddal, icona del preraffaelitismo; dinanzi alla modesta, fiorita sepoltura dell'ex spia sovietica avvelenata quattro anni or sono da un drink radioattivo; rievocando il sontuoso, bizzarro corteo funebre di Malcom McLaren giunto a Highgate solo pochi mesi fa, realizzo che è proprio qui, lungo tracce più o meno invisibili di questo burial ground che è disegnata la vera mappa della città, le coordinate della sua anima, il segreto che a lungo l'ha resa unica agli occhi del mondo.
domenica 15 agosto 2010
Cimiteri di Londra - Bunhill Fields


L'altro giorno, a Bunhill Fields un grazioso scoiattolo si dava un gran da fare su e giù per il sepolcro di John Bunyan: giocava a nascondino fra le tombe e le panchine. A un tratto il bluesman ha estratto una castagna dal portafoglio (sì, avete letto correttamente), si è chinato e ha fatto un verso di richiamo. Il roditore si è avvicinato in un baleno, con zampette avide ha afferrato la castagna e, facendola ruotare, l'ha esaminata scrupolosamente. Poi, assicurato il prezioso tesoro fra i dentini, ha roteato un rapido sguardo di saluto ed è balzato via.
"Posso chiederti perché te ne vai in giro con una castagna nel portafoglio?" ho chiesto al bluesman sulla via del ritorno.
"Può sempre tornare utile, una castagna" è stata la risposta "Hai visto che ho trovato qualcuno in grado di apprezzarla?"
sabato 14 agosto 2010
Londra città morta?

lunedì 9 agosto 2010
Tre cose che lui non sa
Un'altra cosa che il bluesman non sa e che sarebbe carino sapesse proprio oggi, è che ci sono giorni in cui mi sembra che le pareti della casa mi crollino addosso; ma basta che arrivi lui ed ogni cosa torna al suo posto, la realtà ritrova il suo assetto, la vita può continuare.
In ogni caso, io ho fatto il mio dovere affinché l'anniversario non scivolasse via inosservato: ho dato retta a uno di quegli impulsi insopprimibili della mia anima romantica e qualche settimana fa, in gran segreto, ho comperato online due biglietti per The phantom of the opera. Insomma, stasera porto il bluesman a teatro e devo ancora trovare il modo di dirglielo.
venerdì 6 agosto 2010
mercoledì 4 agosto 2010
London calling
L’ascolto dei Clash ha indubbiamente smosso le acque, e rispondere picche a certi vecchi ricordi assolati di Ladbroke Grove non sarebbe stato onesto. Così l’inverno scorso ho preso a pretesto un cambio sterlina/euro particolarmente favorevole e ho elaborato il piano.
L’altro giorno lui mi ha chiesto che effetto mi fa ritornare a Londra dopo quasi vent’anni. Mixed feelings è l’espressione più appropriata per la circostanza. È come rivedere un ex di cui non ti frega più niente, agli occhi del quale, però, non vuoi sfigurare.
Ritornare a Londra, al crocevia dei miei errori, è, in un certo senso, una resa: nei confronti di me stessa, dei miei limiti e di tutte le occasioni sprecate. Ogni tanto bisogna pur mettere un punto fermo, tracciare una riga, prendere atto del bilancio.
Sarà imbarazzante vedere come tutto è cambiato. Imbarazzante ma anche divertente, forse. Quel che è certo è che stavolta sono determinata a fare finalmente la turista - mi sono addirittura procurata una guida della città -, mansueta come un agnello in coda agli ingressi dei musei. E sono curiosa di vedere le reazioni del bluesman quando gli mostrerò i sottoscala (alla lettera) pulciosi (alla lettera) nei quali ho abitato.
Per il resto si vedrà. Il programma è denso, e benché io abbia pianificato tutto il pianificabile, mi dovrò arrendere alla forza dei luoghi e degli eventi (neanche mi stessi accingendo a esplorare la foresta amazzonica).
Adesso però devo tornare alle ansie spicciole da preparativi: qui c’è ancora da convincere il bluesman a portare con sé qualche maglioncino; c’è poi la gatta, agitatissima, da consolare; ma soprattutto devo ancora escogitare un sistema per chiudere le mie valigie (sì perché io viaggio con due valigie).