Questi intervalli di luce tra una nevicata e l'altra rinfrancano l'animo e riconciliano un po' con la vita: sono tregue di fondamentale importanza.
Stamattina il risveglio è stato più arduo e doloroso del solito; in ciò, il fatto di non dover andare in ufficio ha avuto la sua parte: mi si srotolava davanti una giornata buia, da contendere al gelo e alle faccende domestiche, da condurre in porto sotto il peso delle ragnatele che in questi giorni mi ingombrano la testa.
I rami del caco, colpiti dalla luce pur flebile del primo mattino, esalavano un vapore incessante: sulla sommità delle lunghe dita fumanti - corvine e muschiate - resistevano grappoli di frutti anneriti, marciti dal gelo e dal selvaggio becchettare dei merli. Una buccia arancione penzolava vizza da un rametto come osceno relitto di una strage. Radiografate dal sole, le gocce di neve sciolta si accendevano e pulsavano come stelle prima di abbandonare lo scheletro e lasciarsi cadere al suolo.
I rami del caco, colpiti dalla luce pur flebile del primo mattino, esalavano un vapore incessante: sulla sommità delle lunghe dita fumanti - corvine e muschiate - resistevano grappoli di frutti anneriti, marciti dal gelo e dal selvaggio becchettare dei merli. Una buccia arancione penzolava vizza da un rametto come osceno relitto di una strage. Radiografate dal sole, le gocce di neve sciolta si accendevano e pulsavano come stelle prima di abbandonare lo scheletro e lasciarsi cadere al suolo.
Poco più tardi, lo scioglimento dei ghiacci era un clamoroso fatto sonoro: un rivolo consistente, scivolando dalla lastra proteggi-prezzemolo, aveva scavato la terra dell'orto e andava alimentando un laghetto cristallino.
Lo scrostamento della mia auto è stato più facile del previsto e, col tettuccio glassato che sfarinava allegramente in corsa, ho raggiunto un supermercato ragionevolmente semideserto. Mi piace fare la spesa il lunedì subito dopo pranzo: mi prendo il lusso di ponderare e comparare; sosto senza ritegno presso lo scaffale dei libri che non comprerei mai e leggo avidamente, fra disgusto e rassegnazione, fino a quando le verdure surgelate non danno segni di cedimento; mi assoggetto addirittura ad una modesta attesa pur di essere servita dalla cassiera più simpatica.
Poi le ombre arrivano veloci. Ceniamo prestissimo, a orari svizzeri: ravioli di zucca, mozzarella, insalata. La gatta si arrotola sullo sgabello della cucina: si muoverà solo per stiracchiarsi e acciambellarsi in senso opposto.
Nel frattempo sono riuscita a ricrearmi in testa una certa serena lucidità e penso che potrei quasi riprendere gli esercizi di tedesco. Prima, però, meglio recuperare gli scarponcini da neve. La tregua sta per scadere.
1 commento:
in città non si vive così intensamente l'inverno, ma anch'io amo cenare a orari svizzeri! (la settimana prossima vado qualche giorno a palermo, non so come farò)
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