lunedì 29 marzo 2010

Jordi Savall e Rolf Lislevand a Varese

Ciò che più sorprende in Jordi Savall non è la sua tecnica inarrivabile o la vastità enciclopedica del suo sapere in campo musicologico: è piuttosto la sua musicalità innata, il rapporto di inevitabilità che stabilisce fra sè e lo strumento (e il repertorio di questo, evidentemente).
Un concerto di Savall finisce per essere una lezione sulla musica barocca ma uno se ne torna a casa anche con la sensazione di aver ricevuto una lezione di vita.
È veramente difficile dire qualcosa che non risulti di una banalità insopportabile. Non ci sono parole che possano restituire la molteplicità di accenti, la gamma di voci umane (Les Voix Humaines di Marin Marais, naturalmente) che Savall riesce a trarre dalla sua viola da gamba (un originale costruito a Londra nel 1697); oppure gli evocativi giochi d'archetto suggeriti da Tobias Hume (e come non pensare a Janequin che con le voci - guarda caso - si divertiva a imitare i canti degli uccelli o i suoni delle strade di Parigi o il clangore della battaglia); o ancora gli abissi di solitudine, lacrime e rimpianto di Monsieur de Sainte-Colombe, la scarnificazione totale, l'indagine ascetica alla ricerca del vero senso del fare musica.

3 commenti:

River Man ha detto...

E questo mi spiace proprio di non averlo visto (peraltro nemmeno sapevo che ci sarebbe stato), unica consolazione è che Lunedì ero talmente stanco che non ci sarei comunque potuto andare.
Berlino logora, tornare da Berlino logora ancor di più!!!

exit ha detto...

esatto, il lato più stressante della faccenda è il ritorno, l'impatto con la quotidianità...comunque attendo resoconto, almeno fotografico.

River Man ha detto...

Non temere, avrai il resoconto, ma non ora, dovrai pazientare fino alla prossima settimana perché sono in partenza per Wroclaw :-)
Ciao, auguri di buona Pasqua a te e al bluesman.