Mi rendo conto che sono ben altri i fatti di cui val la pena parlare; fra questi certo la mestizia del nostro premier che, per rinfrancarsi l’animo, sceglie di partecipare ai festeggiamenti per i primi 90 anni di Don Verzè; il quale, in un accesso di delirio di onnipotenza, dichiara di ambire ad allungare la vita media degli esseri umani fino a 120 anni (Dio ce ne scampi e liberi, nda). Perfettamente comprensibile che, a fronte di siffatte notizie, sia quanto mai inopportuno occuparsi della Cigo, malattia ben più repellente della lebbra, come già ebbi a dire in altra occasione.
Per quanto imbarazzante, però, il problema c’è e rimane: e si tratta di decidere se estendere la durata della Cigo dalle attuali 52 settimane a 78. Un provvedimento analogo è stato appena approvato in Svizzera dove si prevede un aumento della disoccupazione per i prossimi due anni. In Italia, per ora, il sì trasversale è arrivato solo dalla Commissione Lavoro alla Camera. Dal governo invece dovrebbe arrivare il no. E per il momento, di più non è dato sapere.
Mi rendo conto che questo è precisamente il genere di cose di cui non frega niente a nessuno, ma da cassintegrata vorrei dire la mia. In via del tutto eccezionale, mi trovo a condividere la posizione del ministro Sacconi.
Chiedo che mi venga risparmiato lo strazio di altri sei mesi di attesa circa la mia sorte. Vorrei sapere di che morte morire e vorrei saperlo al più presto. Altri sei mesi di agonia, altri sei mesi di incertezza, di impossibilità di programmare finanche l’appuntamento dalla parrucchiera perché chissà, magari a mezzogiorno mi dicono che devo rientrare in ufficio di lì a un'ora. Chiedo scusa per lo sfogo ma non ne posso più. Una guerriglia logorante che metterebbe alla prova anche gente con nervi ben più saldi dei miei.
Diciamolo chiaro: la Cigo non è un provvedimento magnanimo esteso da una non meglio identificata entità benevola nei confronti del povero lavoratore in difficoltà. Il lavoratore deve solo e ancora una volta ringraziare se stesso per la Cigo. Perché il padrone non in questa faccenda non ci perde un soldo e cade perfettamente in piedi, dritto come un fuso. Perché è l’Inps che paga. Perché i soldi dell’Inps sono ancora una volta quelli prelevati dagli stipendi dei lavoratori. Perché molte aziende stanno sfruttando spudoratamente la Cigo come una forma di risparmio. Perché la Cigo impigrisce la classe dirigente che invece di farsi venire delle idee appoggia i piedi sulla scrivania e calcola quanto manca alla pensione. Perché la Cigo addormenta i datori di lavoro che invece di investire e rischiare aspettano al calduccio che la tormenta passi, se mai dovesse passare.
Facciamola finita, per favore. Che si rimbocchino le maniche anche i padroni, una volta tanto. E se proprio non riescono a trovarci del lavoro da fare, si tolgano la maschera ipocrita della misericordia e si facciano venire il coraggio di chiudere la baracca e sbarazzarsi una volta per tutte dei burattini.
Per quanto imbarazzante, però, il problema c’è e rimane: e si tratta di decidere se estendere la durata della Cigo dalle attuali 52 settimane a 78. Un provvedimento analogo è stato appena approvato in Svizzera dove si prevede un aumento della disoccupazione per i prossimi due anni. In Italia, per ora, il sì trasversale è arrivato solo dalla Commissione Lavoro alla Camera. Dal governo invece dovrebbe arrivare il no. E per il momento, di più non è dato sapere.
Mi rendo conto che questo è precisamente il genere di cose di cui non frega niente a nessuno, ma da cassintegrata vorrei dire la mia. In via del tutto eccezionale, mi trovo a condividere la posizione del ministro Sacconi.
Chiedo che mi venga risparmiato lo strazio di altri sei mesi di attesa circa la mia sorte. Vorrei sapere di che morte morire e vorrei saperlo al più presto. Altri sei mesi di agonia, altri sei mesi di incertezza, di impossibilità di programmare finanche l’appuntamento dalla parrucchiera perché chissà, magari a mezzogiorno mi dicono che devo rientrare in ufficio di lì a un'ora. Chiedo scusa per lo sfogo ma non ne posso più. Una guerriglia logorante che metterebbe alla prova anche gente con nervi ben più saldi dei miei.
Diciamolo chiaro: la Cigo non è un provvedimento magnanimo esteso da una non meglio identificata entità benevola nei confronti del povero lavoratore in difficoltà. Il lavoratore deve solo e ancora una volta ringraziare se stesso per la Cigo. Perché il padrone non in questa faccenda non ci perde un soldo e cade perfettamente in piedi, dritto come un fuso. Perché è l’Inps che paga. Perché i soldi dell’Inps sono ancora una volta quelli prelevati dagli stipendi dei lavoratori. Perché molte aziende stanno sfruttando spudoratamente la Cigo come una forma di risparmio. Perché la Cigo impigrisce la classe dirigente che invece di farsi venire delle idee appoggia i piedi sulla scrivania e calcola quanto manca alla pensione. Perché la Cigo addormenta i datori di lavoro che invece di investire e rischiare aspettano al calduccio che la tormenta passi, se mai dovesse passare.
Facciamola finita, per favore. Che si rimbocchino le maniche anche i padroni, una volta tanto. E se proprio non riescono a trovarci del lavoro da fare, si tolgano la maschera ipocrita della misericordia e si facciano venire il coraggio di chiudere la baracca e sbarazzarsi una volta per tutte dei burattini.
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