venerdì 16 luglio 2010

Lewis Carroll e la camera oscura


Una pubblicazione molto interessante, questo “Camera oscura” di Simonetta Agnello Hornby, che purtroppo si limita ad un racconto: una materia così delicata, che ruota attorno alla personalità ambigua quanto geniale di Lewis Carroll, forse avrebbe avuto bisogno di un romanzo per essere analizzata in tutta la sua sfaccettata complessità. La brevità della narrazione –non bisogna dimenticare però che si tratta di un lavoro su commissione – sacrifica purtroppo certi nodi cruciali come l’incontro fra la giovane protagonista Ruth e una ormai matura Alice Liddell, la mitica Alice che fece la fortuna di Dodgson/Carroll. Anche l’affrancamento psicologico e affettivo di Ruth dallo scrittore viene risolto in modo piuttosto sbrigativo e convenzionale.
Decisamente più articolata ed efficace risulta invece l’analisi della nascita del sentimento di Ruth bambina nei confronti Carroll, all’epoca personalità illustre e di indubbio fascino, nonostante la fama non sempre cristallina di individuo bizzarro.

Gli estratti dalle lettere autentiche di Carroll, abilmente intrecciate nel racconto, delineano una personalità singolare e inquietante: la passione per la fotografia rasenta piuttosto la maniacalità, tanto più che è volta a ritrarre solo bambine sotto i quattordici anni, possibilmente senza vestiti. Accanto alla tenera età, le altre prerogative essenziali dei soggetti di Dodgson sono bellezza e “baciabilità”. Un limite, quello dei baci, oltre il quale il fotografo deve essersi spinto verosimilmente solo con la fantasia.

Affetto da balbuzie come le sette sorelle, Dodgson fu avviato alla carriera clericale per convenienza, fu ordinato diacono ma si rifiutò di diventare sacerdote. Vittima di una situazione famigliare opprimente, sfogò nelle creazioni fantastiche il bisogno di ricrearsi una realtà alternativa: da qui anche la necessità di dar vita ad un alter ego ideale – Lewis Carroll, appunto – cui erano concesse le celebri e per quel tempo inusitate incursioni nel mondo della fantasia. In qualche modo, credo che nella sua espressione squisitamente creativa anche la necessità di ritrarre i corpi delle bambine originasse da un’esigenza di bello assoluto, di fuga dal presente: la fotografia, prima di concretizzarsi e cronicizzarsi in un’ossessione erotica, doveva aver rappresentato la risposta più immediata all’impulso di fermare attraverso l’immagine un’ideale tempo/luogo di perfezione. Quella di Carroll è una fotografia che non intende rappresentare, quanto piuttosto ricreare un ideale. Una creazione finalizzata all’illusione del possesso.
Del resto era proprio col pretesto del candore dei propri soggetti che Dodgson abbindolava i genitori delle bimbe che intendeva ritrarre svestite; genitori che si lasciavano persuadere piuttosto facilmente, mossi dall’ambizione di possedere ritratti eseguiti con l’innovativo mezzo della fotografia, per di più da un personaggio molto in voga. Vertici dell’ipocrisia vittoriana, naturalmente, ben sottolineati da Simonetta Agnello Hornby.

Se è vero che Dodgson non abusò mai sessualmente delle proprie piccole modelle, è indubbio tuttavia che, con la complicità dei loro genitori, le sfruttò per i propri scopi. Ma i pubblicitari dei nostri giorni si comportano forse diversamente? Ho visto bimbe di cinque anni (e anche meno) partecipare a sfilate e sfiancanti sedute fotografiche per pubblicizzare i modelli di stilisti di grido. Ho visto queste bimbe trasformarsi in spocchiosissime adulte in miniatura, ogni loro desiderio esaudito da madri ebbre di ambizione. Una delle tante dimostrazioni di come i genitori possano essere i nemici più accaniti dei propri figli.

Il bel libretto edito da Skira è arricchito da una intelligente postfazione dell'autrice e dalla versione integrale di alcune lettere autentiche di Charles Dodgson: sono lettere caratterizzate da assoluta stravaganza, sfacciataggine e gelido formalismo, al punto che paiono scritte da uno dei tanti bizzarri personaggi che popolano le pagine di Carroll. Il volume è ulteriormente impreziosito dalle riproduzioni di alcuni ritratti di bambine: si tratta di documenti davvero interessanti che, per via del clima malinconico che li caratterizza, dicono molto del gusto di un’epoca e non mancheranno di sorprendere quanti hanno apprezzato in Lewis Carroll solo il fantasioso ideatore del meraviglioso mondo di Alice.

2 commenti:

rose ha detto...

in una di queste serate torride mi sono vista finalmente in dvd l'Alice di Jonathan Miller del 1966... veramente psichedelico nonostante il rigore del bianco e nero (forse si riesce a scaricare da qua).

exit ha detto...

Grazie della dritta, Rose!