domenica 25 luglio 2010

"Correre" di Jean Echenoz


Mi piace molto lo stile di Jean Echenoz: una scrittura elegantissima e al tempo stesso informale. L’apparente naturalezza del racconto nasconde in realtà la cura maniacale del dettaglio: è una scrittura molto controllata, nessun vocabolo è lì per caso e il ritmo della frase è imprescindibile.
“Un cognome, Zátopek, che non diceva niente, che era solo un buffo cognome, e ora echeggia universalmente in tre sillabe mobili e meccaniche, implacabile valzer a tre tempi, rumore di galoppo, rombo di turbina, ticchettio di bielle o di valvole ritmato dal k finale, preceduto dalla z iniziale che già schizza via: fai zzz e in un attimo schizza via, come se questa consonante fosse uno starter.”

Accesso vietato al discorso diretto che infatti non irrompe mai nel racconto ma viene sempre filtrato attraverso lo sguardo ironico e distaccato del narratore.
Quello di Echenoz è uno stile sobrio e ricercatissimo che scolpisce i personaggi, anche i più diversi fra loro, con estrema precisione; per quanto strano possa sembrare, uno stile assai duttile che si adegua facilmente, aderisce al personaggio - tanto allo scrupoloso, nevrotico esteta Ravel quanto all’umile atleta fai-da-te eroe della Cecoslovacchia comunista – con estrema versatilità e ne scolpisce un profilo indelebile.

L’impressione è che raccontare, o provare a interpretare un personaggio, sia in realtà per Echenoz il pretesto per immergersi in un’epoca, assaggiare un determinato periodo storico, provare a viverlo attraverso le vite degli altri. Credo che il vero oggetto d’indagine di questo libro non sia la vicenda biografica o la personalità di Emil Zátopek quanto piuttosto l’invincibile stupidità umana che si applica e si replica con assoluta regolarità nell’esercizio del potere.

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