Come in una di quelle commedie americane di successo, io e B. ci incrociamo all’ingresso di un negozio. È il negozio in cui ho lavorato per più di dieci anni, è quasi casa mia, insomma, e B., stranamente, si sorprende di trovarmi proprio lì: inciampa nelle solite battute da copione - pensavo giusto di telefonarti, non ho mai tempo ecc ecc – infine, poiché non sa rinunciare a quel ruolo da galantuomo che è precisamente ciò che fa scappare tutte le sue giovani fidanzate, decide di offrirmi un caffè. Naturalmente un bar qualsiasi non va bene, perciò ci incamminiamo verso quello dove lui si sente a proprio agio. La conversazione comincia al largo - il suo lavoro, un incidente in moto – poi il cerchio si stringe su di me e infine l’argomento non può più essere evitato:“Ah, senti, volevo dirti del tuo libro…” dice con l’aria di uno che preferirebbe essere altrove.
Sarà che siamo così impegnati ad attraversare la strada senza farci travolgere, di fatto non riesco a capire se il romanzo gli sia piaciuto o no. E dire che B. è sempre stato un gran lettore, ha lavorato per anni in una importante libreria cittadina e dà del tu a tutti i personaggi che contano nell’ambiente letterario varesino; da uno così, che per di più si ostina a professarsi mio carissimo amico, mi aspettavo un giudizio un po’ più articolato, magari una stroncatura senza rimedio. Ma l’imbarazzo, santo cielo, quello non l’avevo proprio messo in conto.
“Sai, pensavo a quello che mi hai raccontato” spiega arrossendo “che certe parti le hai scritte in ufficio…”
“Precisiamo: mi è capitato di buttar giù degli appunti che poi sgrezzavo a casa, sai com’è, l’ispirazione non conosce pazienza…”
“Sì ma” continua lui ridacchiando paonazzo “pensavo a certe scene…ti immaginavo in ufficio a scrivere certe scene..”
Quali scene, di grazia?, vorrei chiedergli, quali scene? Forse il pompino nella stanza d’albergo a Parigi? O la sega sotto la doccia? Perché è lì che va a sbattere la sua immaginazione, me lo sento. Possibile che di trecento pagine di libro ti siano rimaste impresse solo due mezze paginette di sesso? O è il fatto che si tratti di sesso fra due uomini a farti arrossire così? vorrei chiedergli. Ma scelgo di fare la signora, perciò mi limito a ordinare al banco un caffè macchiato glissando su quel suo imbarazzo preadolescenziale.
“Ma sì” conclude lui soddisfatto di aver trovato una spiegazione plausibile “scrivendo tu razionalizzi i tuoi mostri, i mostri che hai dentro…”
“I mostri? Ma quali mostri, quelli sono i miei personaggi, le mie creature, altro che mostri, e io li adoro, li adoro come figli…”
Se avessi qualche speranza di poter essere capita aggiungerei che a volte mi pento di averle partorite, le mie creature: non avrei dovuto sbatterle in questo mondo di lettori convenzionali.
Per smuovere le acque cerco di riportare la conversazione su un argomento critico più serio: “Ma le citazioni letterarie, secondo te, intralciano il racconto? Ti sembrano eccessive? Funzionano o bucano la storia?”
Ottengo una risposta evasiva che va a parare sulle citazioni musicali presenti nel romanzo:“Ma sai, io non sono tanto aggiornato sulla musica rock…”
E che c’entra la musica rock? Certi nodi cruciali nel romanzo sono affidati a Bach, Ravel, Couperin; per il resto si fa riferimento ad artisti che chiunque abbia passato i trent’anni ha sentito nominare almeno una volta nella vita.
Va bene, ho capito: forse ho capito anche perché B. non riesce a tenersi una fidanzata.
“Mi scade il parcheggio della macchina” taglio corto con un sorriso di circostanza, e quando metto mano al portafoglio dicendo “Lascia, tocca a me”, B. non si ricorda nemmeno che l’invito è partito da lui che se ne sta lì a guardarmi mentre pago e ritiro il resto.
Sarà che siamo così impegnati ad attraversare la strada senza farci travolgere, di fatto non riesco a capire se il romanzo gli sia piaciuto o no. E dire che B. è sempre stato un gran lettore, ha lavorato per anni in una importante libreria cittadina e dà del tu a tutti i personaggi che contano nell’ambiente letterario varesino; da uno così, che per di più si ostina a professarsi mio carissimo amico, mi aspettavo un giudizio un po’ più articolato, magari una stroncatura senza rimedio. Ma l’imbarazzo, santo cielo, quello non l’avevo proprio messo in conto.
“Sai, pensavo a quello che mi hai raccontato” spiega arrossendo “che certe parti le hai scritte in ufficio…”
“Precisiamo: mi è capitato di buttar giù degli appunti che poi sgrezzavo a casa, sai com’è, l’ispirazione non conosce pazienza…”
“Sì ma” continua lui ridacchiando paonazzo “pensavo a certe scene…ti immaginavo in ufficio a scrivere certe scene..”
Quali scene, di grazia?, vorrei chiedergli, quali scene? Forse il pompino nella stanza d’albergo a Parigi? O la sega sotto la doccia? Perché è lì che va a sbattere la sua immaginazione, me lo sento. Possibile che di trecento pagine di libro ti siano rimaste impresse solo due mezze paginette di sesso? O è il fatto che si tratti di sesso fra due uomini a farti arrossire così? vorrei chiedergli. Ma scelgo di fare la signora, perciò mi limito a ordinare al banco un caffè macchiato glissando su quel suo imbarazzo preadolescenziale.
“Ma sì” conclude lui soddisfatto di aver trovato una spiegazione plausibile “scrivendo tu razionalizzi i tuoi mostri, i mostri che hai dentro…”
“I mostri? Ma quali mostri, quelli sono i miei personaggi, le mie creature, altro che mostri, e io li adoro, li adoro come figli…”
Se avessi qualche speranza di poter essere capita aggiungerei che a volte mi pento di averle partorite, le mie creature: non avrei dovuto sbatterle in questo mondo di lettori convenzionali.
Per smuovere le acque cerco di riportare la conversazione su un argomento critico più serio: “Ma le citazioni letterarie, secondo te, intralciano il racconto? Ti sembrano eccessive? Funzionano o bucano la storia?”
Ottengo una risposta evasiva che va a parare sulle citazioni musicali presenti nel romanzo:“Ma sai, io non sono tanto aggiornato sulla musica rock…”
E che c’entra la musica rock? Certi nodi cruciali nel romanzo sono affidati a Bach, Ravel, Couperin; per il resto si fa riferimento ad artisti che chiunque abbia passato i trent’anni ha sentito nominare almeno una volta nella vita.
Va bene, ho capito: forse ho capito anche perché B. non riesce a tenersi una fidanzata.
“Mi scade il parcheggio della macchina” taglio corto con un sorriso di circostanza, e quando metto mano al portafoglio dicendo “Lascia, tocca a me”, B. non si ricorda nemmeno che l’invito è partito da lui che se ne sta lì a guardarmi mentre pago e ritiro il resto.
10 commenti:
cara se era una "piccola vendetta" ... complimenti! Vorrei tanto che B. inciampasse nel tuo post ...
ma un po' mi fa pena... ti sei accorta, sì, che ne hai fatto un ritratto feroce?
(temo di conoscere il genere...alla larga, alla larga)
ciao,
vito
Spesso gli uomini (non so le donne) che provano imbarazzo per il sesso sono anche emotivamente immaturi. Non so ovviamente se sia il caso di B., ma dal tuo ritratto ci starebbe :)
È vero, sono stata impietosa nei confronti di B. e me ne dispiace. Davvero. Chi mi conosce sa che non ho affatto un animo livoroso e vendicativo; piuttosto, la mia natura arietina a volte mi spinge a gesti impulsivi, scatti d’ira (di cui spesso mi pento) che tuttavia sono direttamente proporzionali solo all’affetto e alla stima che ho (o ho avuto) per le persone con le quali me la prendo. Non provo alcun rancore nei confronti di B., lo dico sinceramente; la mia reazione nasce piuttosto da una profonda amarezza.
L’incontro che descrivo è avvenuto in realtà lo scorso autunno e per tutti questi mesi non ho fatto altro che tenermi dentro la delusione archiviando l’episodio come un momento particolarmente poco brillante della mia lunga amicizia con B.; se ho sentito il bisogno di rievocare l’episodio è solo per via di un recente microavvenimento nella cosiddetta vita culturale varesina (in realtà un circolo chiusissimo governato dai soliti due o tre monarchi che si sparlano vicendevolmente alle spalle e senza l’appoggio dei quali non si va da nessuna parte) che mi ha spinta a rileggere quell’incontro sotto un’altra luce. Ora non è importante che io scenda nei dettagli delle meschinità che caratterizzano l’organizzazione di certe iniziative culturali a Varese: non voglio ridurre questo blog alla cronaca di una serie di beghe da pollaio.
Conoscendo i suoi abitanti, non mi sono mai aspettata nulla da quella che io contino a considerare la “mia” città.
Diciamo però che da un amico, o sedicente tale, mi sarei aspettata un atteggiamento più trasparente, tanto più che l’atteggiamento di B. nei miei confronti è mutato in modo radicale dopo la lettura del mio libro. Ora il punto è: forse il libro non gli è piaciuto e non ha avuto il coraggio di dirmelo? Peccato, perché io avrei apprezzato moltissimo la sua sincerità e avrei tenuto in gran conto le sue eventuali critiche. Oppure col mio romanzo ho involontariamente toccato certe corde nascoste e dunque c’è di mezzo solo quella sorta di impacciato imbarazzo che descrivo? Oppure, che altro resta se non la solita vecchia, trita e inutile invidia?
Quale che sia la risposta, da amica di B. (sì perché nonostante tutto per il momento io continuo a considerarmi tale) sento di avere il dovere della franchezza.
C’è la possibilità concreta che B. legga questo post; ricordo di avergli fornito, mesi fa, le coordinate di questo mio nuovo blog appena nato. Cosa B. abbia fatto di quell’informazione non so. Se non avrò da lui alcuna reazione, significherà semplicemente che il mio romanzo ha alterato in modo irreversibile i presupposti della nostra presunta amicizia.
aggiornamenti: io non l'ho ancora letto, volevo provare a cercarlo in largo la foppa e...non mi è capitato più di passarci, prenderlo online è semplice se solo ci fosse qualcuno a casa a ritirarlo, no way!
farmelo mandare al lavoro rognano dall'ufficio posta,
oggi sono andato alla FNAC chiedendo se me lo prenotavano: risposta, guardi danno come disponibilità 3 settimane... e in questi casi non è detto che poi arrivi davvero.
Tu hai per caso qualche dritta (che utilizzerei senza far passare mesi?)
abbraccio, vito
Mah, tre settimane mi sembra un po' esagerato, anche perché il libro è regolarmente distribuito...comunque, se può essere d'aiuto, so di un paio di Feltrinelli che l'hanno procurato in tre giorni. Se però hai problemi mandami un'e-mail, in qualche modo faremo.
Il tuo racconto mi ha fatto venire in mente le strofe di una canzone dei Massimo Volume e anche se so che non ti piacciono vorrei proporti lo stesso il testo.
Penso spesso a queste parole, specie quando mi rendo conto di essere io che sto speculando o sentenziando sul lavoro di altri.
Purtroppo non sempre capita prima di aver aperto bocca.
DOPO CHE
Dopo aver scalato i quarantanove scalini della saggezza
alla ricerca di un indizio
Dopo aver rubato le battute migliori
nascosto dietro le quinte di un palcoscenico
Dopo aver indossato ogni tipo di maschera
Dopo essermi strappato la pelle
Dopo averti fatto ubriacare
Dopo avere immolato i miei giorni per te
Dopo essere entrato fino alle ginocchia nell'acqua gelida
per vederti ridere
Dopo aver ballato musica di merda
credendo di farti ridere
Dopo essermi illuso che alla fine mi avresti amato
Dopo aver progettato viaggi
Dopo averti letto i miei racconti inediti
Dopo averne accettato le tue critiche arbitrarie
Dopo averti fatto spazio nel mio letto
Dopo averti fatto spazio nelle mie vene
Dopo averti risparmiato quando ero già pronto ad ucciderti
Dopo aver preso a morsi i mobili della mia stanza
per non ucciderti
Dopo aver visto morire inosservate le mie battute migliori
Dopo averti amato
Avuto conferma di vento a favore
tolgo gli ormeggi
Ho dimenticato di dire che molte sono le strofe in cui mi riconosco ed è per questo che questa canzone ce l'ho sempre ben presente.
Grazie River, citazione molto opportuna.
P.s. bisognerà che mi decida ad ascoltarli meglio 'sti Massimo Volume...:)
In alternativa potresti provare a leggere i libri di Emidio Clementi, "L'Ultimo Dio" in particolare.
Sono scritti come le sue canzoni e qualche volta delle piccole parti sono effettivamente diventate canzoni.
Potresti poi cercare "Il Primo Dio" di Emanuel Carnevali che fu per Emidio la scintilla, l'inizio di tutto.
River, mi hai incuriosita...
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