mercoledì 9 giugno 2010

Robin Hood di Ridley Scott

Tutto sommato ho fatto bene, ieri sera, ad oppormi alle mie lune e a restare in coda per i nostri biglietti. Isterica e schizzinosa come sono, mal sopportando l’intruppamento in un gregge di ventenni in piena fase preadolescenziale – incessanti risatine sceme, pance scoperte, rotolini debordanti, scollature voraginose, telefonini, telefonini, telefonini, maschietti come solo nei vecchi film di Verdone – sono stata sul punto di girare i miei gloriosi tacchi scamosciati e tornare a casa. Ma sapendo che una volta a casa sarei stata così nervosa da riuscire solo a confezionare un litigio perfetto, ho resistito stoica, pronta al peggio, finché all’improvviso si è miracolosamente dischiuso un altro sportello: grande fu la sorpresa quando scoprimmo che il prezzo del biglietto, in virtù di una promozione a noi ignota, era di soli 3 euro.
Questo Robin Hood di Ridley Scott è chiaramente un filmone di cassetta, ma a me tutto sommato è piaciuto: è esattamente quello che ci si aspetta da un film del genere, in cui dramma e sentimento si alternano con sapienza secondo i classici ritmi che dovrebbero non annoiare lo spettatore (io non mi sono annoiata, ma vicino a me qualcuno pensava di essere nel salotto di casa propria e durante il secondo tempo ha cominciato a sedersi di traverso e a parlare ad alta voce). Grande afflato epico, gli eroi son tutti giovani e belli e i cattivi hanno almeno una cicatrice in volto. Naturalmente il film gronda atrocità medievali ma solo per dire che dopo quasi mille anni le armi sono cambiate ma le atrocità sono le stesse. (Ah, la meravigliosa perfidia di cui sa dar prova il genere umano!).
Bello e ben riuscito il progetto di costruire un retroterra biografico ad un personaggio di cui non si sa praticamente nulla: la concatenazione di eventi fa srotolare il film in un intreccio logico e avvincente.
Notevole lo sforzo di evitare leziosità attraverso una ricostruzione degli ambienti piuttosto realistica.
Peccato che le musiche siano state trattate in modo filologicamente troppo scorretto: melodie improbabili e arrangiamenti surreali. Grave caduta di stile.
Per il resto è tutto un viavai fra storia e leggenda e scindere il vero dal falso è un’inutile perdita di tempo. Giovanni Senzaterra, ad esempio, viene dipinto come un debosciato traditore del popolo: ma non fu lui, storicamente, a concedere la Magna Charta?
In ogni caso Cate Blanchett si conferma una delle donne più affascinanti del pianeta (da notare che in questa occasione rivela un’incredibile somiglianza con Carla Bruni).
Di Russell Crowe non dico niente perché non mi è mai piaciuto, dunque sarei imparziale.
Max von Sydow in un’ennesima lezione di stile.
Ultima noterella: non ho versato neanche una lacrima.

Nessun commento: