La voce di Natalie è sempre bellissima.
mercoledì 28 aprile 2010
Nursery rhymes of innocence and experience
La voce di Natalie è sempre bellissima.
lunedì 26 aprile 2010
Strano ma vero
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Appendice
sabato 24 aprile 2010
Grandi manovre
Quanto a me, non avendo la benché minima attitudine agreste, mi sono dedicata all’unica attività nella quale posso raggiungere livelli di eccellenza: lo shopping, in particolare quello ad indirizzo calzaturiero.
Entrata nel negozio con una richiesta ben precisa - colore blu, assolutamente nessuna apertura in punta, preferibilmente niente lacci né fibbie dietro – ne sono uscita per l'appunto con questo modello:
lasciando una commessa esausta in un mare di scarpe scompagnate, e spuntando per soprammercato uno sconto alla cassa a causa di una minuscola macchia in un punto nascosto dell’esemplare sinistro.
“Credo sia proprio una caratteristica del pellame” ha tentato di giustificarsi la commessa prima della resa.
“Vede, lei è molto gentile, ma deve sapere che io lavoro nel mondo della moda e ai nostri clienti non importa che la seta sia una fibra naturale, dunque soggetta a imperfezioni, lei capisce che la seta ha i nodi, vero?, è naturale che abbia i nodi, voglio dire, ha presente il bozzolo col baco dentro?, ecco un baco mica può filare chilometri di seta, mi spiego?, però ai nostri clienti non interessa sentire la storia del baco, loro vogliono la seta senza nodi, capisce, lavorando nel mondo della moda…”
Così imparano ad alzare i prezzi in tempi di crisi.
Il mio prossimo obiettivo è un giacchino impermeabile. Occhio alle cuciture. Non vedo l'ora di ripetere la sceneggiata del baco.
venerdì 23 aprile 2010
Ancora sullo scrivere
Finché ci potevi giocare nelle tue poesie, tutto bene, ma se ci dovevi fare i conti davvero allora le cose cambiavano e non volevano averci niente a che fare."
Patti Smith in "Jim Carroll - punk ribelle poeta"
mercoledì 21 aprile 2010
La zona di consapevolezza
domenica 18 aprile 2010
Record Store Day 2010
Verso la metà degli anni ’70, nel paese dove sono nata e cresciuta, aprì un piccolo negozio di dischi. Lo gestiva una coppia giovane, lui musicista di balera, lei una gran chiacchierona, un po’ svanita, comunque simpatica, che lasciava scorrazzare il figlio piccolo sulla moquette (“perché piangi?, ti sei fatto la pipì addosso?, eh meglio, su su fa così caldo, ti rinfrescherà un pochino”) e si intratteneva volentieri con mia madre mentre io sceglievo i miei primi 33 giri. Solo molto più tardi, quando il vinile uscì di produzione e io cominciai a occuparmene da collezionista, mi resi conto di quali straordinari opportunità offrissero questi modesti negozi di dischi, molto diffusi nei piccoli e medi centri di provincia. Accadeva infatti che questo genere di attività commerciali si rifornisse generalmente da grossisti, i quali, consegnando spesso la merce direttamente al negozio con mezzo proprio, consentivano rifornimenti rapidi e su misura evitando al commerciante l’impegnativo rapporto con le case discografiche. L’aspetto interessante della faccenda sta però nel fatto che, a loro volta, i grossisti cercavano di aggirare i vincoli imposti dalle sedi italiane delle multinazionali del disco, acquistando direttamente all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, con notevole risparmio. Accadeva così che questi piccoli negozi di provincia smerciassero inconsapevolmente e a prezzi assolutamente concorrenziali, preziose copie originali americane. Una pacchia che durò fino ai primi anni ’90, finché non ci si mise di mezzo la Siae.
Col tempo le mie esigenze discografiche, intrecciandosi con quelle di mio fratello, si fecero più sofisticate; l’approvvigionamento dovette così necessariamente ramificarsi e approdammo agli acquisti per corrispondenza. Ricordo che io e A. passavamo intere serate a spulciare i cataloghi degli ormai estinti Magazzini Nannucci di Bologna allo scopo di far quadrare i conti, bilanciando i nostri desideri con le cifre di volta in volta messe a disposizione da nostra madre. Una singolare iniziativa dei Magazzini Nannucci, che in qualche modo ci figuravamo come una entità mitica e inavvicinabile, era quella del pacco sorpresa: se l’acquisto superava una certa cifra, si poteva scegliere fra l’annullamento delle spese di spedizione o un pacco contenente cinque 33 giri a discrezione del negozio. Naturalmente si trattava spesso di merce invenduta, ma questo non significava che non fosse di qualità; e poi spesso si trattava di forati americani (cioè dischi fuori catalogo, contrassegnati da un piccolo foro nella copertina) che nel tempo si sarebbero rivalutati.
I miei percorsi musicali finirono per divergere da quelli di mio fratello: lui non condivise la mia insana passione per il movimento nato dalle ceneri del punk e così io mi organizzai autonomamente la mia rete di fornitori di musica, che poggiava su un paio di negozi di Varese e un paio di punti vendita specializzati di Milano. Naturalmente, il mio impiego presso un celebre negozio di Gallarate – iperspecializzato ahimè in musica americana – non significò l’interruzione dei miei rapporti con quei punti vendita – vedi il defunto Supporti Fonografici – in grado di soddisfare le mie esigenze discografiche più perverse (tipo acquisti in duplice copia di 12 pollici prodotti dal cugino di un amico di un tale che aveva militato in una band che mi piaceva e cose del genere, insomma). Piccola nota a margine: il più delle volte gli acquisti avvenivano solo sulla base di recensioni (quando non di essenziali trafiletti) scovati sul Melody Maker o su Rockerilla o stampa analoga. Niente possibilità di preascolto; niente internet, youtube, mp3, i-pod, i-tunes e chi più ne ha più ne metta: zero di zero. Ancora nella prima metà degli anni ’90 noi appassionati fruitori di musica avevamo a disposizione solo la carta stampata, la fiducia negli artisti e la speranza di incappare in un buon disco.
Gli ultimi momenti felici dei negozi di dischi risalgono alla metà degli anni ’90; già verso la fine del decennio si avverte chiaramente che il cambiamento è in atto. Internet sancisce il declino.
Qualche tempo fa, il figlio adolescente di certi vicini, vedendo la quantità di cd che affolla casa nostra - da notare: i vinili non li aveva mai visti, non sapeva a cosa servissero – si stupì del fatto che ognuno aveva una copertina e in qualche caso una confezione particolare in cartoncino. Insomma, ignorava completamente che i cd possono essere acquistati. “Ma dove va uno a comprare i cd?” ci chiese candidamente.
Le nuove generazioni ormai associano la musica al computer, in particolare a quel verbo orribilmente antimusicale che è scaricare. Inutile spiegare che il pc non è uno strumento nato e concepito per l’ascolto della musica. Perché alla base di tutto c’è l’assoluta mancanza di educazione musicale. Alla base della crisi dell’industria discografica non c’è il prezzo dei cd (ormai ci si può fare una vastissima discografia spendendo meno di dieci euro a pezzo), ma l’ignoranza. Alla base di tutto c’è il pregiudizio sulla musica intesa come passatempo usa e getta, c’è la totale assenza di curiosità che affligge le nuove generazioni, la tendenza a vivere in superficie, ad avere tutto e subito, a consumare senza nemmeno sapere cosa e perché. I tempi in cui un disco ti spingeva a comprare un libro sono davvero finiti per sempre. Non ho speranze riguardo alle nuove generazioni e sono contenta che i miei vent’anni, vissuti in immersione totale nella musica, siano passati da un pezzo. Che tristezza crescere senza musica e senza negozi di dischi. Che tristezza esser giovani oggi.
sabato 17 aprile 2010
La nube purpurea
giovedì 15 aprile 2010
Matrimoni negati e circenses
La notizia, tuttavia, è stata riportata con una tale enfasi da suonare come il proclama di una avvenuta e definitiva restaurazione. Un proclama assolutamente pleonastico, viene da dire, poiché siamo ben consapevoli di essere destinati a un futuro di oscurantismo e ignoranza. (Del resto sappiamo bene che, in linea di massima, i nostri uomini politici si accompagnano preferibilmente – salvo rare eccezioni – a puttane di sesso diverso; e che gli stessi tengono in così alta considerazione la famiglia tradizionale da averne spesso più d’una)
Mi sfugge però perché i circenses governativi elargiti al popolo tramite la televisione si servano di gay e lesbiche per rinvigorire gli indici d’ascolto: tanto per dirne una, i giornali che leggo dalla parrucchiera documentano senza reticenza la love story tra due concorrenti donne del Grande Fratello. Dunque: si titilla la curiosità morbosa dello spettatore (dell’elettore), si procede a una sorta di ufficializzazione delle relazioni tra persone dello stesso sesso tramite certa stampa e certa televisione (governativa) però quando si tratta di legiferare ci si ritira in buon ordine.
Alle giravolte ipocrite del nostro primo ministro siamo ormai avvezzi. Quel che mi preoccupa, però, e mi disgusta fino alla nausea, è l’indifferenza dello spettatore/elettore berlusconiano al quale mi piacerebbe chiedere cosa pensa dei matrimoni gay. Sono sicura che in risposta avrei solo lo sguardo ebete di chi non è abituato a porsi degli interrogativi o a sentirsi chiamato in causa.
mercoledì 14 aprile 2010
Cover mania
Naturalmente la mia foto non rende minimamente giustizia all'originale: se cerco di catturare la spessa grana argentata del cartone, devo rinunciare alla trasparenza luminosa dei petali. Insomma, come si fotografa il genio?
martedì 13 aprile 2010
L'uomo nell'ombra di Roman Polanski
domenica 11 aprile 2010
Bright Star di Jane Campion
giovedì 8 aprile 2010
Jim Carroll: la prima biografia
Jim Carroll fu essenzialmente poeta e scrittore. Capitò nel mondo della musica per caso, per curiosità, per amicizia; ma non pensò mai a se stesso come a un rocker. Nella sua esistenza, segnata dalla precocità dall’inizio alla fine, la musica rimase un’esperienza a tempo determinato. Nella New York irripetibile degli anni ’60 e ’70 conobbe tutti quelli che bisognava conoscere. Tutti lo ricordano come un uomo mite e gentile, bellissimo e pieno di talento.
È ad una coraggiosa casa editrice indipendente di Genova che si deve la primissima biografia in assoluto dedicata a Jim Carroll, l’artista newyorkese scomparso poco più di sei mesi fa.
Federico Traversa, appassionato curatore del progetto, si serve delle numerose testimonianze degli amici più o meno illustri di Carroll per ricostruirne la vita e l’attività artistica in modo fedele e dettagliato.
domenica 4 aprile 2010
Lettere ritrovate di Guido Morselli
Qui di seguito riporto qualche stralcio dall’introduzione appassionata, intelligente e ben circostanziata di Linda Terziroli, curatrice dell’opera.
“Questa piccola, multicolore antologia di lettere, attesta il bisogno insaziabile dello scrittore di comunicare, di superare la barriera di incomunicabilità tra il proprio io ed il mondo, ovvero di interagire tra uomo e uomo, al di là dell’isolamento monadologico. E, a ben guardare, non è grafomania ma volontà irrinunciabile di aprirsi al confronto con l’altro, insieme all’intima necessità del Nostro di avere interlocutori di una certa levatura, proprio per lo spessore e la profondità del suo pensiero.[…] Il tormento di Morselli, creatura schiva, inselvatichita, isolata, sembra stridere con questo bisogno di comunicazione; la verità è che Guido Morselli desiderava un riconoscimento del valore delle sue opere, più che un’attestazione di stima alla sua persona.”
“Il vivere solo era una condizione scelta, ma Guido Morselli non temeva la solitudine: temeva piuttosto gli uomini[…] Lo spaesamento dell’uomo solo, ferito dal male umano è quel senso di disorientamento profondo causato dalla parentesizzazione delle esistenze che domina in Dissipatio H.G. Il tema frequente del viaggio, nell’intera opera morselliana, è indizio di una coazione al movimento.[…]La ricerca continua di una risposta credibile, attestata e incrollabile, quasi paradossalmente teologico-scientifica è il leit-Motiv, la chiave di lettura dell’opera letteraria e saggistica di guido Morselli, nonché delle domande che emergono da questo ventaglio di lettere. Lo Scrittore varesino era tormentato dai dubbi, assillato, quasi assalito a tratti, dalla ricerca, ardua in verità, di una spiegazione, dello svelamento di un dolore, di un lutto interiorizzato che faticava ad elaborare.
Il dialogo, sia pure soltanto scritto-letto, era la panacea di un momento, l’apparente risposta che, d’altronde, non risolveva i suoi radicatissimi dubbi. Morselli sembra ricercare l’introvabile, va in cerca, come trasfigura nella finzione letteraria dei suoi romanzi, di colui e colei che non risponde, di chi è presumibilmente scomparso.
Il destinatario (assente) è pertanto sempre assiduamente richiesto, soprattutto nell’appello più disperato, quello del suicidio.”
“Morselli è uno scrittore d’eccezione. Uno scrittore, per privilegio o per dannazione, condannato in vita all’intimazione del silenzio, al buio della sofferenza, che, a suo dire, negava il diritto alla felicità, e quindi alla vita. Solista, più che solipsista, è stato l’eletto o l’eccettuato, relegato, per comodità critica, in quell’inospitale (per lui) torre d’avorio, destinato a disperdere l’unicità e la preziosità di una vita alfierianamente dedita alla scrittura, nella più alta accezione del termine.”
venerdì 2 aprile 2010
Indietro tutta
giovedì 1 aprile 2010
Aprile
Nel sottobosco della ginestra sono sprizzati due giacinti blu: spavaldi come ospiti inattesi, hanno la tipica, sorprendente bellezza dei frutti illegittimi. Eleganza selvatica. Un monito doloroso.
Un'inquietudine oscura mi impedisce di apprezzare questa primavera dal clima nordeuropeo, un malessere profondo sigilla l'immaginazione. Inutilmente forsizia e fiori di pesco si affannano a contrastare lo schiaffo della pioggia. E l’unica alternativa a questa rassegnazione senza parole sono i soliti sogni di fuga.