“Dappertutto – sugli uomini, sui ponti, sui rotoli di corde – nella cabina, nella sala delle macchine – tra i battenti dei boccaporti – su ogni scaffale, in ogni angolo, si stendeva uno strato di cenere o polvere, sottile, impalpabile, purpurea; e su tutta la nave, come lo spirito stesso della morte, regnava tranquillamente quel profumo di peschi.
***
Lo strato di polvere, sottile ed esposto all’azione dei venti sopra coperta, si presentava nell’interno della nave sotto l’aspetto di una coltre spessa; dopo un giro di esplorazione, la prima cosa che feci fu di esaminare attentamente quella sostanza, anche se non avevo mangiato nulla in tutta la giornata, ed ero stanco da morire. Trovai il mio microscopio dove io stesso l’avevo lasciato, chiuso nella sua custodia, nella mia cabina a tribordo; per raggiungerlo dovetti sollevare il corpo di Egan, e poi scavalcare quello di Lamburn per entrare nella cabina degli strumenti; in questa stessa cabina, verso l’imbrunire, mi sedetti davanti al microscopio, per vedere se riuscivo a capire qualcosa di quella polvere; e intanto sentivo come se le miriadi di spiriti di tutti gli uomini che sono vissuti sulla terra, e gli angeli e i demoni, e il Tempo e l’Eternità, mi stessero tutti intorno, aspettando in silenzio il mio verdetto.”
(da La nube purpurea di Matthew P. Shiel, Adelphi)
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