giovedì 21 gennaio 2010

Giorno di sant'Agnese

Giorno di nebbia e ghiaccio. La mia auto, la mattina, è una fragola glassata. Sono varie le tecniche per scrostare i finestrini: il raschietto va usato sapientemente – come un rastrello o come una spatola – in base alla friabilità dell'incrostazione.
Ogni mattina penso al senso di Smilla per la neve e ai 20 e più tipi di neve classificati dagli Inuit della Groenlandia.

Giorno di Sant'Agnese. Di là dai vetri ogni tanto sbuffano vapori di nebbia che si raggrumano sugli aghi di pino come la neve finta che si spruzza sui presepi.
"Io vado in bicicletta per sentirmi vivo
alle 5 di mattina con la nebbia nei polmoni"
Impossibile per me non associare il nome Agnese alla canzone di Ivan Graziani, è un processo automatico, e da lì, sempre automaticamente, si apre il ricordo di un lontano giorno d’agosto a Dublino. Non c’è mese peggiore d’agosto, in Irlanda.
Alloggiavo al Trinity College, in una stanzetta dove, fortunatamente, al mio arrivo non avevo riscontrato insetti vivi. Una mattina senza speranza mi svegliai con in testa la canzone di Ivan Graziani. Quale sarà stato il motivo? Forse quel verso che si schiude su un passaggio armonico luminoso: “È uscito un po’ di sole da questo cielo nero”? Forse. Certo il cielo era impietoso. Naturalmente decisi di uscire lo stesso, con la canzone in testa: non c’era modo di farla scivolare via, o forse ero io ad aggrapparmici come a un ricordo buono.
Non avevo ancora varcato i confini del college che dal cielo crollò un diluvio insopportabile. Dal viottolo schizzai ad un edificio vicino dove mi rifugiai nel primo anfratto. Mi ricavai un angolo accanto a tre turisti dai lunghi impermeabili chiari. Una madre teneva stretta a sé una bimba imbronciata. “Stai qui buona, Agnese” le disse in italiano. Non avevo mai conosciuto nessuna Agnese, non avevo pensato alla canzone di Ivan Graziani da anni.
Provai una sorta di imbarazzo per quella premonizione così evidente. Accanto a quel nucleo famigliare così ben equipaggiato di amorevolezza e buon senso mi sentii un'estranea. Seguitai a tollerare quella dolorosa vicinanza per un poco, mantenendo il silenzio, fingendomi straniera. Poi mi lanciai sotto il diluvio.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

ogni tanto passo di qui e ti leggo...(mi inibisce un po' la tua competenza musicale, pensa che scemo...)
ma che bello questo post!
ciao vito

exit ha detto...

Ma grazie. E benvenuto. Ma quale competenza musicale, è solo una mania...:)

Eleonora ha detto...

Contro il finestrino congelato nulla può come l'acqua tiepida. Bada, non bollente, o ti si spezza il vetro. Io uso il bollitore (kettle) dato che vado sempre di fretta. Speriamo solo che non ci ricapiti un inverno come quello dell'anno scorso. Pareva di essere a Holiday on Ice.

exit ha detto...

@Eleonora: sei d'accordo anche tu che agosto è il mese peggiore per vedere Dublino?