giovedì 18 febbraio 2010

Ancora su Berlino: Pedro

La prima volta che andammo da Pedro eravamo ancora piuttosto inesperti della città e non potevamo certo sospettare che l’attribuzione dei numeri civici a Berlino segue spesso una (non)logica assai bizzarra; perciò la ricerca del negozio si rivelò piuttosto avventurosa e solo dopo alcuni chilometri scarpinati a vuoto in un quartiere del tutto anonimo ci riuscì di scovare l’insegna che designava la nostra meta. Era una bella giornata d'agosto e sul marciapiede all’esterno del negozio stazionavano due sedie a sdraio, una delle quali occupata da una signora di mezza età che sorseggiava caffelatte conversando con un tizio stravagante, un uomo presumibilmente sulla cinquantina, asciutto e allampanato, intento a carteggiare un vecchio cassetto di legno.
Messo piede all’interno, la prima cosa che pensai fu che non avevo mai visto un negozio tanto sporco: i tappeti erano inguardabili, ingrigiti dalla polvere e ingombri di foglie secche. Il negozio – un buco – era prevedibilmente stipato di vinili che ricoprivano le pareti fino al soffitto. In un angolo, un divanetto che solo a guardarlo sentivo prurito in tutto il corpo.

Il tipo stravagante, che indovinai essere il titolare, entrò in cerca del suo panino al formaggio, depositato in uno scaffale accanto a un vecchio monitor. Mi si rivolse in tedesco e io gli risposi in inglese. In inglese mi assicurò che anche lui non sapeva una parola di tedesco e a quel punto io sperai ardentemente che il Bluesman, già immerso nell’ispezione delle pareti fitte di dischi, infilasse immediatamente la porta. Figurarsi. Un attimo dopo, immemore della sottoscritta, era già in cima a una scala traballante, la testa che sfiorava un lampadario di cartone grondante ragnatele, a rovistare nel reparto blues accuratamente diviso in due sezioni: blues bianco e blues nero. Se solo la scala, col mio uomo appollaiato in cima, non avesse ostruito il passaggio, io mi sarei fiondata immediatamente all’esterno. Invece mi toccò reggere la conversazione con Pedro che, dopo i consueti convenevoli - Italia, lago di Como, Svizzera bla bla bla - si scusò per il disordine che regnava nel minuscolo locale spiegando che era solito pulire il negozio durante i lunghi mesi invernali; non aveva senso sprecare le belle giornate estive facendo le pulizie: preferiva sedere all’aperto a godersi il sole. “Se verrai in inverno” concluse “troverai il negozio in perfetto ordine”.
L’unica cosa che davvero era in perfetto ordine, notai, erano i dischi: come nuovi, senza un graffio, rigorosamente catalogati e, incredibile ma vero, senza un granello di polvere. Il che ci convinse a ritornare da Pedro l’estate successiva e poi ancora la settimana scorsa. Non ho più visto foglie secche accumulate negli angoli ma certo i tappeti hanno la consueta aria polverosa. Nello scaffale accanto al computer c’è sempre un panino con formaggio e lattuga e un gigantesco thermos che tiene in caldo il caffelatte.

Di fatto, quello di Pedro è, nel suo genere, forse il negozio più famoso di Berlino. Pedro – che in realtà ha settant’anni e ovviamente si chiama Peter, ma vuoi mettere come suona più esotico Pedro – è ormai un fuoriclasse. Ha pubblicato un libro zeppo di aneddoti e curiosità discografiche, recentemente ha partecipato ad un programma televisivo in quanto considerato unanimemente un’autorità in materia di collezionismo discografico. Non partecipa alle fiere di settore che si svolgono in città perché, spiega, alla fine ci ritrovi sempre le stesse persone e gli stessi dischi. Sospira rassegnato quando mi racconta di quanti si rivolgono a lui convinti di monetizzare certe vecchie collezioni ereditate che, di fatto, non avranno mai alcun mercato. Mi spiega quanto sia difficile far capire alla gente che un disco non ha valore solo perché è vecchio. Poi allarga le braccia: “It’s my job”, dice ritornando a restaurare una copertina di un disco degli anni ’50 che suona ancora in modo strepitoso.

Infine Pedro mi confida che sta scrivendo un nuovo libro. Non un libro tecnico, stavolta: si tratta di un romanzo, in un certo senso, o piuttosto è il tentativo di capire cosa sia stato veramente di Gesù Cristo dopo la sua morte. Perché Pedro non è convintissimo che dopo tre giorni Gesù sia risorto. Lui trova più realistico pensare che sia stato messo in salvo dagli amici e che abbia continuato a vivere sotto mentite spoglie. Quando mi permetto di contraddirlo circa la folgorazione di Paolo di Tarso, lui insiste nel sostenere la sua bizzarra teoria secondo la quale fu proprio Gesù Cristo a comparire sulla via di Damasco all’ebreo complice dei romani invasori. “Con questo libro mi sono messo in un vicolo cieco” mi confida alla fine. “Sono ad un punto in cui non so più come procedere. It’s a hard job, writing, isn’t it?”
È decisamente una faccenda piuttosto complicata la scrittura, caro Pedro. Meglio concentrarsi sui vinili. La mia integrale di Stockhausen ha ancora diverse lacune e il Bluesman è sempre in cerca di quei tremendi documenti gracchianti di blues arcaico. Contiamo su di te.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

vuoi per favore scrivere più spesso???
sono così belli i tuoi racconti...
che brava!
grazie, vito

(p.s. c'è qualcosa di tuo appena pubblicato - lo trovo in libreria a milano??? si?)

exit ha detto...

Non sono io che sono brava, sono i personaggi - in questo caso veri - a fare le storie. E poi Berlino ispira...altra scusa per tornarci :)))

Quanto alla mia ultima creatura trovi il link qui nella colonna a destra. Comunque se vai alla libreria dove l'abbiamo presentato (i classici del caffè in via Foppa)dovrebbero averne ancora. E già che sono in vena di autopromozione - evento raro - ti informo che la prossima presentazione è fra due settimane in quel di Monza. Ciao e grazie a te.

rose ha detto...

grazie grazie grazie per questo post! finalmente so qualcosa su pedro. l'unica volta che ho provato ad andarci, non sono riuscita a comprare nulla perché lui non c'era (come accennavo là). forse avremmo dovuto stare lì, aspettare... bere il caffelatte...
poi pubblichi dettagli di monza?

exit ha detto...

Cara Rose, il negozio abbandonato aperto è perfettamente in linea col personaggio Pedro. Sì sì, il fenomeno Pedro esiste e crea dipendenza: il Bluesman è qui che freme per tornare ad arrampicarsi sulla scala pericolante.

(Sì quando ho la locandina di Monza la pubblico, comunque è sabato 6 marzo ore 17)

exit ha detto...

Rose, comunque, ripensandoci, è strano che i vicini non siano riusciti a rintracciarlo, perché da quel che ho capito lui abita sopra il negozio. Capita che lasci il negozio incustodito, infatti, proprio per andare di sopra a rifornirsi di panini al formaggio e caffelatte.

River Man ha detto...

E come è messo Pedro a 4AD?

exit ha detto...

Caro River, da pedro non ho visto rarità new wave. Ha parecchio "catalogo" anni '80 ma non ho visto niente di particolarmente raro. Magari cercando meglio. Comunque se hai tempo vai a farti un giro, se non altro per avere un'idea del personaggio. In alternativa ti consiglierei di andare in Oranienstrasse al 195 da Alley-music, aperto da mezzogiorno alle sette. Lì c'è un bel po' di roba che potrebbe interessarti (è dove ho trovato gli Specimen). Attenzione però che al piano terra è libreria, i dischi sono di sopra.
Come ti invidio. Quando mi capitava di vedere i manifesti che pubblicizzavano il concerto di Peter Gabriel non potevo fare a meno di pensarti. Ho anche visto l'O2. Altro che Palasharp. Ti penserò!...:)