sabato 11 febbraio 2012

Lizzie Siddal (Londra, 25 luglio 1829 – Londra, 11 febbraio 1862) "Not as she is, but as she fills his dream"


One face looks out from all his canvases,
One selfsame figure sits or walks or leans:
We found her hidden just behind those screens,
That mirror gave back all her loveliness.
A queen in opal or in ruby dress,
A nameless girl in freshest summer-greens,
A saint, an angel ; - every canvas means
The same one meaning, neither more nor less.
He feeds upon her face by day and night,
And she with true kind eyes looks back on him,
Fair as the moon and joyful as the light:
Not wan with waiting, not with sorrow dim;
Not as she is, but was when hope shone bright;
Not as she is, but as she fills his dream.

(Christina Rossetti, In an artist's studio)



giovedì 9 febbraio 2012

Ian Bostridge a Varese

                                                                                  
È valsa davvero la pena, l'altra sera, sfidare ghiacci e intemperie polari per raggiungere il recital di Ian Bostridge a Varese. "Quale impianto stereo potrebbe mai restituirci tutto questo?" si è chiesto Fabio Sartorelli, direttore artistico della Stagione, alla fine del concerto. Domanda  retorica. Perché non di sola voce (e che voce) si è trattato. La presenza, tanto per cominciare. Perché quale registrazione, per quanto impeccabile, potrebbe trasmettere il fascino dolente di Bostridge, la naturalezza, l'approccio informale, la camicia sbottonata sotto la giacchetta, la mano che afferra il pianoforte in cerca di un sostegno, un punto fermo in un vortice di emozioni?
E poi c'è l'arte del racconto. Nessun leggìo, nessuna partitura. Le liriche di Heine, Bostridge ce le ha restituite come le avesse partorite lui stesso la notte precedente il concerto.
Sia lode poi a Graham Johnson, una vita per il Lied: mai invasivo e mai anonimo, meglio di chiunque altro conosce il segreto dell'equilibrio perfetto tra canto e pianoforte.
Oltre gli impeti schumanniani e le malinconie brahmsiane, un buio gelido assediava le strade cittadine;  ma nella bella sala settecentesca di Palazzo Estense la temperatura emotiva era altissima.

domenica 5 febbraio 2012

La e-creatura

Ebbene sì, anche la creatura si è smaterializzata e da qualche giorno vagola per la rete sotto forma di e-book, acquistabile un po' ovunque nel formato desiderato. Purtroppo non ho motivo di essere soddisfatta perché, come temevo, il mio editore non ha fatto un buon lavoro. Il layout - almeno per quanto riguarda la versione per kindle, l'unica che io abbia potuto visionare - è quasi disastroso. Le pagine del diario di Lynn non sono contraddistinte dal corsivo e lo stesso vale per i frammenti poetici o le e-mail di Alex. Le note al testo sono state collocate al termine di ciascuna delle due parti di cui si compone ogni capitolo, col bel risultato che la connessione fra passato e presente si disperde insieme alla concentrazione del lettore.
Dulcis in fundo, manca l'indice!
Del resto, cosa aspettarsi da un editore che non mi ha ancora corrisposto nemmeno una parte della modestissima percentuale sul venduto dell'edizione cartacea?
Chiaro che la prossima volta, se mai ce ne sarà una, farò tutto da sola; il tempo non mi ha offerto occasioni per modificare la mia opinione - radicalmente negativa - circa l'editoria italiana in genere. Ciononostante auguro comunque buon viaggio alla e-creatura: spero che incontri lettori clementi, disposti a perdonarne i difetti congeniti, che non mi è stato concesso di eliminare, e le grossolane mancanze indipendenti dalla mia volontà.

giovedì 2 febbraio 2012

martedì 31 gennaio 2012

Aspettando il gelo

“Certo che per la batteria sarà un trauma” avverte senza pietà la collega-molto-più-ansiosa-di-me. “Vedrai” rincara poi con tono esperto e rassegnato “di solito la prima cosa che salta, con un freddo del genere, è proprio la batteria dell’auto.”
Poi riconsidera velocemente i tempi lontani in cui non era proprietaria di un garage e subito rigetta l’idea. “Non potrei più fare una vita del genere” asserisce categorica “no no non se ne parla nemmeno, guarda, no no e no, non posso più pensare di fare a meno del garage…mamma mia, uscire la mattina presto a scrostare il ghiaccio dalla macchina, no davvero, non potrei più sopportarlo, guarda… Ah, avere la macchina in casa, credimi, è un tale sollievo, una tale comodità…”
Io incasso senza neanche provare a difendermi, più o meno con la stessa docilità con cui Rebecca cede la ciotola dei croccantini al suo insaziabile rivale; perché io, volendo, un garage ce l’avrei anche, ma mica posso sfrattare i dischi per tenere la macchina al caldo, no?

mercoledì 18 gennaio 2012

Veronika Eberle e Francesco Piemontesi a Varese

Non c’era il pubblico della grandi occasioni, l’altra sera a Palazzo Estense per Veronika Eberle e Francesco Piemontesi. Ma si sa, la Varese che conta si scomoda per gente del livello di Ton Koopman, salvo poi annoiarsi mortalmente e obiettare che il clavicembalo emette un suono troppo esile; per di più, il programma scelto dai due giovani musicisti era di quelli destinati a un pubblico se non proprio preparato, almeno curioso e avido di musica: a maggior ragione se si considera che il piatto forte della serata, contrariamente a quanto avviene di solito, è stato servito subito durante il primo tempo. Più che comprensibile che i volenterosi varesini presenti in sala, dimentichi di quanto rivoluzionaria e ostica dovesse suonare a suo tempo la beethoveniana Sonata Kreutzer, dopo averne intimamente assecondato il galoppare tumultuoso, si siano facilmente sentiti sazi di buona musica. La Sonata di Debussy, nella sua vitale bellezza di opera ultima, concepita tra la malattia e la guerra, è stata assorbita con interesse, forse grazie alla sua brevità. Ma il secondo tempo, interamente occupato dall'ardua Sonata N.1 op.21 di Bartòk deve essere sicuramente risultato indigesto ai più. Davvero deludente che il pubblico varesino non abbia riconosciuto in Veronika Eberle l'artista straordinaria che è: dopo un encore richiesto quasi per dovere, la giovanissima violinista tedesca è stata congedata con scarsi applausi di rito.
Veronika Eberle è la classica musicista dotata di un talento innato che si esprime sempre con la spontaneità di chi ha davvero qualcosa da dire: a soli 23 anni ha padroneggiato con naturalezza partiture che richiedono non solo assoluta perizia tecnica ma anche un alto grado di coinvolgimento intellettuale ed emotivo.
Di Francesco Piemontesi avevo già detto qualcosa in passato e allora fui accusata di eccessivo puntiglio. Certo un concerto dove il pianoforte non svolge il ruolo di protagonista assoluto non è l'occasione migliore per rivedere le proprie valutazioni su un pianista. Nel primo tempo del concerto (Beethoven e Debussy) Piemontesi ha accompagnato senz'altro con un suono pulito, mai invasivo, e col massimo rispetto per variazioni ritmiche e dinamiche. La Sonata di Bartòk, caratterizzata com'è dalla sostanziale indipendenza dei due strumenti e da un orientamento decisamente ritmico-percussivo, ha offerto a Piemontesi la possibilità di esprimersi con grande energia. Come già detto altrove, nessun dubbio che Piemontesi sia un valido strumentista, attento, preparato e volenterosissimo. Ma anche un tantino troppo ambizioso, mi scappa di dire. Sia chiaro, si tratta di impressioni personali, valutazioni del tutto soggettive. Tuttavia non riesco a non avvertire, nelle esibizioni di Piemontesi, una insopprimibile brama di gloria che finisce con l'annoiarmi. Ecco, ciò che distingue un artista di talento da un ottimo strumentista sta proprio in questo, nella capacità di non annoiare mai; sta nell'arte del racconto musicale, nell'illustrazione sapiente di un progetto creativo, nel disvelamento appassionato delle architetture segrete sottese a tutti i capolavori, anche a quelli apparentemente troppo spigolosi per essere comprensibili.

domenica 15 gennaio 2012

Jane Eyre di Cary Fukunaga

"Una donna negli anni quaranta dell'Ottocento proto-vittoriano non poteva provare desideri, a maggior ragione se governante e provinciale. Invece Charlotte-Jane racconta di una passione femminile fortissima per un uomo sposato [...]. La donna vittoriana, ridotta allo stato di femmina asessuata, trova dunque in Jane Eyre un ideale contraltare femminista e libertario [...]. Perché la donna di Charlotte è una donna che lavora e si guadagna da vivere fuori casa, che rifiuta i pretendenti se non le aggradano, che si sposa senza il consenso del padre, che pone la propria dignità e i propri desideri sullo stesso piano di quelli maschili. Se poi non tutto viene esplicitato, sta al lettore moderno riflettere su quanto sconvolgente dovesse soffiare nelle menti vittoriane la costante brezza di sensualità che pervade il romanzo, esplodendo a tratti in passione turbinosa."
Così scrive Franco Buffoni in un preziosissimo saggio -  tratto da questo bel libro - che sono andata a rileggermi dopo aver visto la più recente versione cinematografica del romanzo di Charlotte Brontë, regia di  Cary Fukunaga: Mia Wasikowska è Jane e Michael Fassbender un tenebroso, tormentato, fascinosissimo Mr Rochester.
Il film è praticamente perfetto.
Mia Wasikowska è straordinaria nel restituirci la singolare personalità di Jane, un affascinante blend di goffaggine e sano orgoglio sorretti da una robusta preparazione intellettuale - davvero insolita per una donna dell'epoca - e assoluto rigore morale.  Un'interpretazione che io ho trovvato davvero emozionante, misurata e vibrante al tempo stesso, in totale sintonia con il personaggio: l'intima determinazione di Jane nel perseguire i propri obiettivi (ciò che Buffoni definisce efficacemente  "narcisimo possessivo") è resa con assoluto realismo ed estrema sensibilità.
Fassbender nei panni di Rochester non potrebbe fare di più e meglio: l'attrazione fra i due scatta al primo incontro e come una febbre percorre tutta la storia senza cali di tensione. L'alchimia Fassbender/Wasikowska funziona a meraviglia.

La regia, priva di qualsiasi concessione retorica o sentimentale, è perfettamente fedele all'intenso sentire romantico che anima il capolavoro di Charlotte Brontë: gli ambienti sono cupi, freddi e dominanti come la stupidità umana; la natura è ruvida, sferzante, nemica ma anche idilliaca e confortante, è l'alleata che offre la via d'uscita agli animi puri in grado di intenderne la voce. Fukunaga non evita il ricorso - rischiosissimo - all'elemento soprannaturale, ma lo fa con estrema saggezza, non debordando mai dall'ambito gotico in cui Charlotte Brontë inscena la sua perfetta invenzione drammaturgica.
Un gotico simbolico, per riprendere ancora le efficaci intuizioni di Franco Buffoni: "Simbolico al punto da rendere visioni, sogni, premonizioni, presagi, portenti dei semplici espedienti poetici. Dalla telepatia alla consistenza metaforica della luna vista attraverso la cavità dell'albero, al candelabro che nello specchio rivela a Jane l'esistenza di Mrs Rochester, tutto l'apparentemente preternaturale in Jane Eyre è in fondo simbolico".