mercoledì 23 novembre 2011

Hard times


Sono stata a Dublino molte volte dal 1994 ad oggi e mai mi era capitato di vedere così tanta gente dormire per strada o in macchina, mai visti tanti mendicanti. Cartoni, fagotti di stracci e scene di ordinario alcolismo che credevamo archiviate per sempre. La città non è più un cantiere: spenti i fragori dei martelli pneumatici, smantellate impalcature e selve di gru.
Le donne dublinesi hanno rinunciato al loro inconfondibile stile - una gradevole fusione di originalità e tradizione – per adeguarsi ai parametri globalizzanti di praticità e accessibilità. I fantasiosi cappottini di Desigual, acquistati sull’onda di un’antica spensieratezza, vengono indossati senza entusiasmo né cura e stridono con l’aria dimessa di chi li porta.
Sono ben pochi i negozi di Grafton Street che non offrono clamorose riduzioni di prezzo sulla merce esposta. Nei centri commerciali si va a mangiare un panino o bere un caffè. Nessuno percorre più le vie del centro reggendo grappoli di acquisti.
I mutui - contratti negli anni del boom per l'acquisto di case il cui valore si è più che dimezzato nel giro di pochi anni - ora pesano come macigni.
Il delirio collettivo è sfumato, la carica propulsiva si è esaurita. La città ha ritrovato quella sua antica anima malinconica che le nuove generazioni non hanno mai conosciuto.

martedì 22 novembre 2011

Dublino e i taxi

Se siete a Dublino e pensate di infilarvi in un taxi e farvi i fatti vostri lungo il tragitto, avete sbagliato città: preparatevi piuttosto a dar conto del vostro paese d’origine – del quale il tassista dimostrerà comunque di avere qualche nozione, foss’anche solo il nome di un calciatore in pensione da una vita -, delle ragioni per cui siete in città, se ci siete mai stati prima e se sì quante volte e dove avete alloggiato e se avete avuto modo di vedere il nuovo stadio. Fidatevi: non è curiosità. Ai tassisti di Dublino – sempre pazientemente tolleranti nei confronti del vostro inglese privo delle oscure inflessioni locali – sta a cuore che voi prendiate la città per il verso giusto. Perciò fidatevi, fornite pure le informazioni richieste: ne riceverete in cambio una valanga di notizie, aneddoti, pettegolezzi dublinesi, sunti di macroeconomia e analisi aggiornate dell’andamento del mercato immobiliare.
Io, per esempio, ieri mattina, attraversando in taxi la città ancora buia e sonnacchiosa, ho scoperto dove abita il proprietario dell’hotel in cui ho alloggiato, ho ammirato il pub nel quale Bertie Ahern era solito festeggiare i successi della sua squadra del cuore, ho appreso che l’attuale primo ministro si reca presso gli edifici governativi a piedi scortato da un’unica guardia del corpo - “Ah ah ah Berlusconi ne avrà avute cento di guardie del corpo… Lo sa tutta l’irlanda che Berlusconi è pazzo! Ah ah ah!” – e ho imparato che una bella fetta di responsabilità nel crollo del mercato immobiliare ce l’hanno i cinquantamila polacchi che hanno abbandonato l’Irlanda per andare a costruire il villaggio olimpico londinese lasciando dietro sé una moltitudine di appartamenti sfitti.
Fidatevi, un giro in taxi a Dublino è un’esperienza unica: è insieme una lezione di storia, economia, sociologia e un numero di cabaret. E quando, a fine corsa, il tassista di turno vi consegna al vostro destino ripetendovi più volte “Take care”, fidatevi: potete essere certi che ve lo dice in tutta sincerità.

sabato 12 novembre 2011

Essere sul pezzo

Oggi su Radio Padania, nel corso del programma di attualità politica in onda il sabato dalle 12.00 alle 13.00 - che di norma ospita un esponente leghista e le telefonate in diretta degli ascoltatori - si è parlato ancora di Ufo. Hanno trasmesso l'intervista a un metronotte genovese che ebbe alcuni incontri ravvicinati con gli extraterrestri negli anni '70.

mercoledì 2 novembre 2011

Alla fiera del disco di Varese

Cosa possiamo dire di questa ventiquattresima edizione, la prima ad ingresso libero? Tanto per cominciare che non è stata deprimente: gente in giro ce n'era e non si è trattato esclusivamente dei soliti noti; una parvenza di ricambio generazionale fra gli appassionati del settore sembra anche esserci. Il che confermerebbe la mia teoria secondo cui il supporto più in crisi - e verosimilmente destinato ad una fine miseranda - in questi tempi ipertecnologici è il cd, non certo il vinile. Che la crisi economica abbia inibito molti acquirenti è un dato di fatto incontestabile: ho raccolto testimonianze dirette di amici e conoscenti, piccoli imprenditori, gente ex-benestante costretta a convivere con l'insonnia, la pressione alta, l'incubo licenziamento, la disfatta aziendale, il senso di un fallimento personale dagli effetti potenzialmente devastanti. Qualcuno, pur sapendo di non poter spendere un centesimo, si è ostinato comunque a farsi il giro in fiera spinto dal desiderio di rivedere gli amici, nella speranza di assestare, grazie al contatto rassicurante con il passato, la propria identità messa sotto assedio da troppe incertezze.
La manifestazione si è svolta comunque in un clima rilassato, divertito e divertente. Mi sono persino imbattuta in un mito della mia infanzia, il buon Claudio Bernieri - oddìo ma esiste davvero! - autore del mai dimenticato Non sparate sul cantautore, fondamentale reperto degli anni '70 del secolo scorso, ora ripubblicato in un'edizione dignitosa: la vecchia stampa - Arcana credo - con le pagine incollate sembrava fatta apposta per essere smembrata, e ricomporre il volume dopo ogni consultazione era un'impresa snervante.
Curiosamente ho notato molti ragazzi in cerca di dischi di Bob Marley o di musica reggae in generale. Inoltre la De Andrè-mania sembra essere definitivamente sbollita: copie de La buona novella o Storia di un impiegato, fino a qualche anno fa praticamente introvabili, erano esibite da numerosi espositori. Resta poi l'indecifrabile mistero della copia di Anime salve a 700 euro. Va bene l'edizione limitata, ma non sarà un tantino anche sopravvalutata?

giovedì 27 ottobre 2011

Coeso e sostenibile

Fino a qualche settimana fa l'aggettivo preferito di Berlusconi era coeso: l'ha ripetuto così tante volte, in così tante occasioni e così a sproposito, che l'aggettivo è automaticamente decaduto dal mio vocabolario. Ora, visto che la tanto decantata coesione ha prodotto risultati in grado solo di scatenare l'ilarità generale, Berlusconi ha pensato bene di aggrapparsi ad un altro concetto tanto in voga quanto vago: la sostenibilità. Improvvisamente tutto quanto diventa sostenibile. Fare le riforme strutturali contando su una maggioranza non coesa? Perfettamente sostenibile. Dare un impulso alla crescita producendo un maggior numero di cassintegrati e disoccupati? Logicamente sostenibile. Far lavorare fino a 70 anni chi già a 50 è considerato un rottame? Ancor più sostenibile.
Una volta che l'aggettivo sostenibile avrà esaurito il suo potenziale propagandistico nel consueto nulla di fatto, l'insostenibile inettitudine del premier dovrà cercare appigli in un nuovo aggettivo d'assalto che, ripetuto fino alla nausea, verrà automaticamente dismesso dal mio lessico. Governo ladro: non hanno solo messo le mani nelle mie tasche, stanno pure impoverendo il mio vocabolario.

mercoledì 26 ottobre 2011

Music of our time

"L'ottimismo di Bernstein era quello di un estroverso, ma negli ultimi decenni della sua vita questo tratto positivo della sua personalità convisse con la visione più cupa e profetica di un Geremia che contempla un'America ormai fuori strada se non, a volte, impazzita. [...] Il suo predecessore Mahler aveva portato la musica fino al limite dell'incanto struggente e Bernstein aveva trovato nella musica di Mahler il lungo discorso sulla catastrofe e il terrore che aveva oppresso la civiltà europea nella prima metà del ventesimo secolo e che pareva proseguire in eterno. Mahler parlò a nome della propria generazione della perdita di fiducia nei valori illuminati e progressisti. E così, nel dirigere Mahler, forse ancor più di qualsiasi altro compositore, Leonard Bernstein fu capace di comunicare all'orchestra e al pubblico la propria visione tragica."

martedì 18 ottobre 2011

Il primo regalo di Rebecca


Oggi Rebecca ha catturato la sua prima preda, un passerotto, forse - ma non ne sono sicura, il becco lungo e leggermente adunco non mi fanno pensare a un passero -, in ogni caso un volatile di dimensioni ragguardevoli: una vera conquista per una gattina sprovveduta e inesperta come lei. Ovviamente mi dispiace per la povera creatura che ci ha letteralmente lasciato le penne. D'altro canto, non posso non essere consapevole e orgogliosa del fatto che Rebecca, deponendo la sua preziosa preda praticamente intatta presso la porta d'ingresso, ci ha fatto un regalo importante. È il suo modo di dirci che ci ha finalmente adottati, ci approva; le andiamo bene, insomma. Evidentemente ci ha perdonati per le gocce gelatinose che siamo costretti a farle scivolare dentro le orecchie, per le medicine non troppo appetitose che mescoliamo ai suoi cibi: forse ha capito che ci stiamo semplicemente prendendo cura di lei. Per una creatura che in un anno e mezzo di vita ha sperimentato solo abbandoni e affidi temporanei in comunità, ogni cosa è nuova, ogni cosa è sospetta: soprattutto cure e attenzioni, queste grandi sconosciute.
Mentre io e il bluesman ci affannavamo a ripulire il balcone e a dare degna sepoltura alla vittima, Rebecca, nascosta in mezzo al prezzemolo, ci scrutava con attenzione  registrando ogni particolare, elaborando le nostre reazioni. Credo che per lei questo episodio rappresenti un grande passo avanti: ho l'impressione che si senta un po' più sicura, un po' più degna delle attenzioni che riceve. Un giorno o l'altro, forse, deporrà quella sua timidezza nevrotica che si trasforma in scontrosità ed alterigia. Ogni tanto, quando cerco di accarezzarla e lei sguscia via al sicuro oltre il cancello le faccio le linguacce: lei mi guarda, aspetta che io sia rientrata in casa, poi torna ad accucciarsi sullo zerbino, e se ne sta lì, guardinga, insensibile alle lusinghe, a elaborare una logorante lotta segreta fra desiderio di coccole e terrore di un ennesimo rifiuto.