mercoledì 2 novembre 2011

Alla fiera del disco di Varese

Cosa possiamo dire di questa ventiquattresima edizione, la prima ad ingresso libero? Tanto per cominciare che non è stata deprimente: gente in giro ce n'era e non si è trattato esclusivamente dei soliti noti; una parvenza di ricambio generazionale fra gli appassionati del settore sembra anche esserci. Il che confermerebbe la mia teoria secondo cui il supporto più in crisi - e verosimilmente destinato ad una fine miseranda - in questi tempi ipertecnologici è il cd, non certo il vinile. Che la crisi economica abbia inibito molti acquirenti è un dato di fatto incontestabile: ho raccolto testimonianze dirette di amici e conoscenti, piccoli imprenditori, gente ex-benestante costretta a convivere con l'insonnia, la pressione alta, l'incubo licenziamento, la disfatta aziendale, il senso di un fallimento personale dagli effetti potenzialmente devastanti. Qualcuno, pur sapendo di non poter spendere un centesimo, si è ostinato comunque a farsi il giro in fiera spinto dal desiderio di rivedere gli amici, nella speranza di assestare, grazie al contatto rassicurante con il passato, la propria identità messa sotto assedio da troppe incertezze.
La manifestazione si è svolta comunque in un clima rilassato, divertito e divertente. Mi sono persino imbattuta in un mito della mia infanzia, il buon Claudio Bernieri - oddìo ma esiste davvero! - autore del mai dimenticato Non sparate sul cantautore, fondamentale reperto degli anni '70 del secolo scorso, ora ripubblicato in un'edizione dignitosa: la vecchia stampa - Arcana credo - con le pagine incollate sembrava fatta apposta per essere smembrata, e ricomporre il volume dopo ogni consultazione era un'impresa snervante.
Curiosamente ho notato molti ragazzi in cerca di dischi di Bob Marley o di musica reggae in generale. Inoltre la De Andrè-mania sembra essere definitivamente sbollita: copie de La buona novella o Storia di un impiegato, fino a qualche anno fa praticamente introvabili, erano esibite da numerosi espositori. Resta poi l'indecifrabile mistero della copia di Anime salve a 700 euro. Va bene l'edizione limitata, ma non sarà un tantino anche sopravvalutata?

6 commenti:

rose ha detto...

uffa, mi sono di nuovo dimenticata le date... la prossima volta ci vengo, a farmi un giro tra gli appassionati di vinile! proprio l'altra sera ho stupito degli ospiti a cena con la mia pistola antistatica.

exit ha detto...

Attrezzo intelligente la pistola antistatica. Noi, più modestamente, siamo dotati di una macchinetta lavadischi. Se vuoi la prossima volta che hai ospiti a cena te la presto così potrai esibirti anche con quella: magari puoi provare a lavarci qualche piatto :))))

River Man ha detto...

Dopo una Vinilmania deprimente, sopratutto (e incredilmente) al Sabato (così mi hanno detto, io questa volta sono andato solo Domenica), sono contento che a Varese si sia vista un po' di gente, spero sia il segno di una inversione di tendenza. Comunque questo va ad avvalorare la mia teoria (le teorie son come le orecchie, ogniuno ha le sue :-) )che sostiene che gli organizzatori di Vinilmania siano troppo esosi e così la manifestazione è chiusa su se stessa, si vedono sempre e solo i soliti irriducubili e il ricambio è quasi nullo. Poi criticare è facile, bisognerebbe vedere i conti, magari si scopre che meglio di così li a Novegro non si può fare.
Quanto ad "Anime salve" a 700 euro o è la spettacolare edizione limitatissima per la stampa e allora è pure a buon prezzo oppure è l'ennesima testimonianza che la caccia al pollo è sempre fra gli sport più praticati sull'italico suolo. Adesso poi che stanno uscendo le ristampe e una fetta di possibili compratori, quelli meno colpiti dalla sindrome del collezionismo, si rivolgerà a quelle bisogna sparare le ultime cartucce, chissà mai che si riesce a prendere qualche cosa.
Certo che se trovassi qualcuno che mi da 700 euro un pensierino potrei anche farcelo. Anche 650, sappiatelo!!! :-D

exit ha detto...

Vinilmania resta sicuramente la miglior fiera del settore in Italia, ma il solo visitarla è diventato un vero lusso, almeno per noi. Comunque bentornato River: spero che almeno l'ineffabile PJ non sia stata deludente. PJ vale bene un viaggio a Londra, o no? :)

Anonimo ha detto...

mi sembra più cool la macchinetta lavadischi – ecco ecco, ora ne avverto un improvviso bisogno...
(preciso che non abbiamo neppure la lavastoviglie :o)))

River Man ha detto...

Si, ne è valsa la pena andare a Londra per Polly. Non è stata affatto deludente lei. Lo è stata purtroppo la Royal Albert Hall. La prima sera ero in posizione molto laterale, praticamente sulla stessa linea della Harvey, appena un po' sopra il palco (pochi centimetri), vista bellissima, John Parish, Mick Harvey e Jean-Marc Butty ad una manciata di metri. Purtroppo era tutto un pullulare di echi, riverberi e distorsioni che impastavano e spesse volte pure coprivano il suono diretto. La seconda sera ero invece proprio di fronte al palco nella prima fila di palchetti, di fianco a quello reale. Li era molto meglio ma ancora inadeguato per quanto sarebbe lecito aspettarsi da un tempio della musica così rinomato. Però l'atmosfera li dentro è magica. Anche per Londra ne è valsa la pena. Ho visto poco ma quel poco a me che non c'ero mai stato è piaciuto. La conoscenza andrà approfondita.