giovedì 21 ottobre 2010

Dal fronte

I due post che mi si erano raggrumati in testa la settimana scorsa sono avvizziti per cause naturali. In tutto ciò il raffreddore ha avuto la sua parte, credo: un attacco violento, del genere che ha costellato la mia infanzia e che all’infanzia, appunto, speravo dovesse rimanere confinato. Ma all’infanzia, con particolare riferimento al tetro anno della prima elementare, posso ricondurre anche l’angoscia invincibile che mi opprime da giorni, avvelenando le mie giornate sin dal risveglio. Ci fu un tempo - quando avevo sei anni o giù di lì -  in cui rinchiudermi nella mia stanzetta gelata a divorare fumetti e libri fino a tarda notte costituiva segnale di caparbia ribellione. L'esile reazione di una bimba all'incomprensibile angoscia che colava dai muri della casa genitoriale. Recentemente ho messo mano agli acquisti libreschi londinesi e il rimedio si è rivelato peggiore del male. Il libro di Iris Murdoch ha davvero fatto una brutta fine, nel senso che non solo l'ho mollato ben prima della metà - destino fin qui occorso solo all'insopportabile La torre di Babele di Antonia Byatt - ; gli ho addirittura negato ogni possibilità di riabilitarsi gettandolo nel mucchio della carta da riciclo: trasformato in tovagliolo o in scatola da scarpe sarà certo più utile all'umanità. Ora con Henry James va decisamente meglio - e vorrei ben vedere - ma sono lontanissima dall'individuare uno spiraglio al mio malessere.
C'è poi la rabbia, una rabbia sorda verso me stessa, una risacca mugghiante che corrode la mia pazienza e - chiaro sintomo di una feroce sindrome depressiva - anziché spronarmi al cambiamento, mi risospinge al largo, sempre più al largo, nell'isolamento dei colpevoli a rimuginare sui miei errori.
Poi c'è il risentimento. Verso gli imprenditori (li chiamano ancora così), i dirigenti (osano ancora definirsi così) che invece di investire, ideare, sperimentare, si limitano a segnare il passo, a far quadrare i conti vampirizzando i già anemici stipendi dei dipendenti, possibilmente gli stipendi delle operaie single con figlio a carico, possibilmente quelle un po' sempliciotte, per nulla graziose, del tutto incapaci di difendersi.
Stasera mi basterebbe essere un po' meno furibonda.



8 commenti:

Anonimo ha detto...

raptus di affetto...
un abbraccio forte,
vito

exit ha detto...

Sempre ben accetti i tuoi raptus, Vito...:)

rose ha detto...

A-ah, io invece la Byatt (nonostante abbia i suoi momenti tediosi/presuntuosi) me la sciroppo integralmente... ho appena ricominciato con decisione The Children's Book, che avevo lasciato giacere, e ci arriverò in fondo! sono libri che mi piacciono nonostante l'antipatia dei personaggi (o forse per quello? mi identifico? ;o)
Di Iris Murdoch non ho mai letto niente, non so se chiederti qual era il titolo insopportabile.

Eleonora ha detto...

La depressione é una brutta bestia, curala. Non la tralasciare.

exit ha detto...

Cara Rose, con tutta la buona volontà non riesco proprio a individuare nessun legame tra te e certi odiosi personaggi del mondo Byatt… magari tutti gli antipatici con cui ho a che fare fossero come te!
In ogni caso io non ho pregiudizi nei confronti della Byatt: è senz’altro una grandissima scrittrice. Diciamo che tutto quello che ho letto dopo “Possessione”(capolavoro assoluto) mi sembra artificioso e manierato; tuttavia avevo giusto intenzione di leggere “Il libro dei bambini” che, a prestar fede alle recensioni, pare essere assai promettente.

Quanto a Iris Murdoch, anch’io non avevo mai letto nulla, prima d’ora. In realtà io cercavo “An unofficial rose” – ogni riferimento è puramente casuale, lo giuro! – che a Londra non mi è riuscito di trovare - per varie ragioni ricorro agli acquisti online solo se non ho alternative – della cui riduzione televisiva, trasmessa dalla Rai una trentina d’anni fa, conservavo un buon ricordo, per quanto un po’ vago, devo ammettere. E dopo aver visto un film - “Iris” con Kate Winslet e Judi Dench – sugli ultimi anni di vita della scrittrice, la mia curiosità è aumentata, per cui ho scelto un po’ a caso il famigerato “The nice and the good”: per i miei standard, trama inaccettabile da tutti i punti di vista. Ma per il momento voglio considerarlo un incidente di percorso.

Eleonora, lo so; la convivenza con la bestia diventa ogni giorno sempre più insostenibile. Purtroppo però quando si è in cassa integrazione non solo si hanno buoni motivi per avere il morale a terra e l'aggressività ai massimi livelli; diventa anche impossibile curarsi seriamente per banale mancanza di mezzi.

Anonimo ha detto...

Se sei veramente, "clinicamente" depressa, ci dovrebbe essere la possibilità di farsi passare la terapia psicologica e farmacologica dal servizio sanitario.
Io non prenderei medicinali comunque.
Sono stata depressa e ce l'ho fatta senza medicinali. Però bisogna farsi aiutare.

Eleonora ha detto...

Non sono in cassa integrazione ma l'incazzatura la provo anche io quando mi alzo la mattina alle 6.30 per pagare il Mercedes immatricolato 2010 della famiglia di zingari che abita nella villetta di fronte al mio appartamento.

Anonimo ha detto...

Non capisco perchè specificare "zingari"...