lunedì 11 febbraio 2013

A Sylvia (27/10/32 - 11/02/1963)

Le colline digradano nel bianco.
Persone o stelle
mi guardano con tristezza, le deludo.

Il treno si lascia dietro una riga di fiato.
Oh lento
cavallo color della ruggine,

zoccoli, dolorose campane -
È tutta la mattina che
la mattina sta annerendo,

un fiore lasciato fuori.
Le mie ossa racchiudono un'immobilità, i campi
lontani mi sciolgono il cuore.

Minacciano
di lasciarmi entrar in un cielo
senza stelle né padre, un'acqua scura.

Sylvia Plath, Pecore nella nebbia
2 dicembre 1962, 28 gennaio 1963

(traduzione di Anna Ravano)

1 commento:

Juno ha detto...

Settembre 1998. Entravo in una libreria londinese, lasciandomi alle spalle una funerea notte trascorsa in un pietroso villaggio dell'east Sussex.

Lo vidi, chino su un piccolo banco, una decina di libri appoggiati a fianco delle mani; lunghe, eleganti. Ted Hughes, solissimo e struggente.

Volevo dirgli mille cose, fargli una carezza. Ci guardammo e rimanemmo muti; presi un libro, me lo firmò e mentre scriveva mi chiese il mio nome.
Dopo un mese seppi che era deceduto.

Poi uscì "Lettere di Compleanno" ed io li pensai ricongiunti. Di nuovo, per sempre.