In ufficio, di questi tempi, sono sottoposta a una pressione tale che l'unica strategia difensiva possibile è la fuga. Così oggi pomeriggio per evitare una crisi di nervi dalle conseguenze imprevedibili - il cuore si era fatto ballerino e la mente già proiettava con insistenza immagini di me digrignante, armata di matite appuntite e lanciata furiosamente contro il capo - ho chiamato in causa un impegno inderogabile e ho abbandonato la postazione un'ora prima del previsto.
L'aria aperta ha prodotto subito effetti benefici. Ho attraversato la campagna assolata dove i soliti tre signori un po' ingobbiti che vivono nella stessa casa - saranno fratelli? non si sa - tagliavano l'erba con la falce (ovvero facevano il fieno). Poi sono andata all'ufficio postale a spedire un messaggio di felicitazioni alla mia amica ormai naturalizzata dublinese che la settimana prossima convolerà a nozze in un romantico angolo della contea di Meath; inutile dire che la invidio molto: non per il matrimonio ma per la contea di Meath e per la naturalizzazione dublinese.
Dopo un salto al Bar degli Spettri - dove ho acquistato un grattaevinci da tre euro che ne ha fruttati ben dieci: ora sì che sono ricca - sono andata a far benzina e infine al supermercatino dei disperati a comprarmi un cestino di fragole.
Ed ora sono qui, con la malinconia che presto si tramuterà in angoscia, a contemplare il balconcino fiorito: un tripudio di rossi e rosa in ogni possibile variante e gradazione. Meno male che c'è Rebecca, la mia bellissima gattina enigmatica - tuttora un mistero insondabile - che schizza qua e là per il giardino, lucida macchia di velluto nero contro lo splendore dell'erba. Rebecca non è esattamente il gatto coccoloso che tutti sognano, però è, a modo suo, molto affettuosa ed estremamente comica, soprattutto quando dà la caccia a volatili che non potrà mai raggiungere.
Così le ombre calano sull'ennesimo nulla di fatto. Ci si accontenta di equilibri precari, ci si confronta con attese snervanti; in breve, si cerca di resistere. Un pensiero carico di affetto e nostalgia, a tutti i miei amici emiliano-romagnoli che per ben altre ragioni, in questo momento, si trovano a condividere il mio stato d'animo.
5 commenti:
...già resistere (ma che palle! Vero?...sono un po' sul depresso e come non bastasse Milano invasa da idioti-giovani-con il pass per il papa e il suo cazzo di family a modo loro...è intollerabile... Ho dovuto prendere la metro è sentirli squittire in continuazione con qull'entusiasmo ostentato, e gli spezzoni di frasi...AIUTO).
E poi il pensiero dei terremotati ...
No, no, c'è il sole a sproposito ...it's a gloomy day.
Un abbraccio,
Vito
Vito, siamo in sintonia perfetta: gloomy è stata la prima parola che mi ha attraversato il cervello nel momento in cui mi sono svegliata. Non c'è aggettivo più azzeccato per questo periodo che è gloomy per troppa gente, ormai. Per il momento mi accontento di non soccombere, ma mi chiedo se mi ritornerà mai la voglia di sperare.
Un abbraccio
"Resistere", è una parola che si usa spesso, un verbo che incita a contrastare la deriva del presente. Ma non basterebbe il meno retorico "esistere"? Non dice già tutto?
Certo, Juno. Così dovrebbe essere. Purtroppo oggi per troppa gente il semplice esistere - per ragioni politiche o economiche non fa differenza - si è trasfermato in un lusso. Dunque tocca resistere.
Come dire. R-esistenza nella esistenza. Sì, la vita degli umani è uno stato assai turbolento :-(
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