domenica 18 aprile 2010

Record Store Day 2010

Non so più dire che origine avessero i miei primi 45 giri, quelli in comproprietà con mia madre (Abba, Baglioni, Queen), però ho un ricordo abbastanza chiaro di me bambina mentre mi dirigo alla cassa di un grande negozio di dischi di Milano per pagare il 45 giri di Campagna dei Napoli Centrale. Sono nata musicalmente onnivora: compravo dischi tutte le volte che ne avevo l’occasione, quando si andava in gita come quando si andava a far spesa alla Standa, che all’epoca disponeva anche di un buon reparto di musica classica. Si trattava sovente di acquisti impulsivi, ispirati da copertine suggestive: Chopin e Beethoven si fecero strada nel mio cuore grazie a quelle immagini romantiche ed evocative che sbucavano da un ovale su copertina argentea: ascoltavo la musica nella speranza di tradurre il mistero dei luoghi raffigurati – di solito boschi autunnali o giardini primaverili – col desiderio frustrato di varcare i confini di quell’assurdo limite di cartone, con la necessità insoddisfatta di una dose sempre più ricca di fantasia per sopperire ai limiti della realtà.

Verso la metà degli anni ’70, nel paese dove sono nata e cresciuta, aprì un piccolo negozio di dischi. Lo gestiva una coppia giovane, lui musicista di balera, lei una gran chiacchierona, un po’ svanita, comunque simpatica, che lasciava scorrazzare il figlio piccolo sulla moquette (“perché piangi?, ti sei fatto la pipì addosso?, eh meglio, su su fa così caldo, ti rinfrescherà un pochino”) e si intratteneva volentieri con mia madre mentre io sceglievo i miei primi 33 giri. Solo molto più tardi, quando il vinile uscì di produzione e io cominciai a occuparmene da collezionista, mi resi conto di quali straordinari opportunità offrissero questi modesti negozi di dischi, molto diffusi nei piccoli e medi centri di provincia. Accadeva infatti che questo genere di attività commerciali si rifornisse generalmente da grossisti, i quali, consegnando spesso la merce direttamente al negozio con mezzo proprio, consentivano rifornimenti rapidi e su misura evitando al commerciante l’impegnativo rapporto con le case discografiche. L’aspetto interessante della faccenda sta però nel fatto che, a loro volta, i grossisti cercavano di aggirare i vincoli imposti dalle sedi italiane delle multinazionali del disco, acquistando direttamente all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, con notevole risparmio. Accadeva così che questi piccoli negozi di provincia smerciassero inconsapevolmente e a prezzi assolutamente concorrenziali, preziose copie originali americane. Una pacchia che durò fino ai primi anni ’90, finché non ci si mise di mezzo la Siae.

Col tempo le mie esigenze discografiche, intrecciandosi con quelle di mio fratello, si fecero più sofisticate; l’approvvigionamento dovette così necessariamente ramificarsi e approdammo agli acquisti per corrispondenza. Ricordo che io e A. passavamo intere serate a spulciare i cataloghi degli ormai estinti Magazzini Nannucci di Bologna allo scopo di far quadrare i conti, bilanciando i nostri desideri con le cifre di volta in volta messe a disposizione da nostra madre. Una singolare iniziativa dei Magazzini Nannucci, che in qualche modo ci figuravamo come una entità mitica e inavvicinabile, era quella del pacco sorpresa: se l’acquisto superava una certa cifra, si poteva scegliere fra l’annullamento delle spese di spedizione o un pacco contenente cinque 33 giri a discrezione del negozio. Naturalmente si trattava spesso di merce invenduta, ma questo non significava che non fosse di qualità; e poi spesso si trattava di forati americani (cioè dischi fuori catalogo, contrassegnati da un piccolo foro nella copertina) che nel tempo si sarebbero rivalutati.

I miei percorsi musicali finirono per divergere da quelli di mio fratello: lui non condivise la mia insana passione per il movimento nato dalle ceneri del punk e così io mi organizzai autonomamente la mia rete di fornitori di musica, che poggiava su un paio di negozi di Varese e un paio di punti vendita specializzati di Milano. Naturalmente, il mio impiego presso un celebre negozio di Gallarate – iperspecializzato ahimè in musica americana – non significò l’interruzione dei miei rapporti con quei punti vendita – vedi il defunto Supporti Fonografici – in grado di soddisfare le mie esigenze discografiche più perverse (tipo acquisti in duplice copia di 12 pollici prodotti dal cugino di un amico di un tale che aveva militato in una band che mi piaceva e cose del genere, insomma). Piccola nota a margine: il più delle volte gli acquisti avvenivano solo sulla base di recensioni (quando non di essenziali trafiletti) scovati sul Melody Maker o su Rockerilla o stampa analoga. Niente possibilità di preascolto; niente internet, youtube, mp3, i-pod, i-tunes e chi più ne ha più ne metta: zero di zero. Ancora nella prima metà degli anni ’90 noi appassionati fruitori di musica avevamo a disposizione solo la carta stampata, la fiducia negli artisti e la speranza di incappare in un buon disco.

Gli ultimi momenti felici dei negozi di dischi risalgono alla metà degli anni ’90; già verso la fine del decennio si avverte chiaramente che il cambiamento è in atto. Internet sancisce il declino.
Qualche tempo fa, il figlio adolescente di certi vicini, vedendo la quantità di cd che affolla casa nostra - da notare: i vinili non li aveva mai visti, non sapeva a cosa servissero – si stupì del fatto che ognuno aveva una copertina e in qualche caso una confezione particolare in cartoncino. Insomma, ignorava completamente che i cd possono essere acquistati. “Ma dove va uno a comprare i cd?” ci chiese candidamente.

Le nuove generazioni ormai associano la musica al computer, in particolare a quel verbo orribilmente antimusicale che è scaricare. Inutile spiegare che il pc non è uno strumento nato e concepito per l’ascolto della musica. Perché alla base di tutto c’è l’assoluta mancanza di educazione musicale. Alla base della crisi dell’industria discografica non c’è il prezzo dei cd (ormai ci si può fare una vastissima discografia spendendo meno di dieci euro a pezzo), ma l’ignoranza. Alla base di tutto c’è il pregiudizio sulla musica intesa come passatempo usa e getta, c’è la totale assenza di curiosità che affligge le nuove generazioni, la tendenza a vivere in superficie, ad avere tutto e subito, a consumare senza nemmeno sapere cosa e perché. I tempi in cui un disco ti spingeva a comprare un libro sono davvero finiti per sempre. Non ho speranze riguardo alle nuove generazioni e sono contenta che i miei vent’anni, vissuti in immersione totale nella musica, siano passati da un pezzo. Che tristezza crescere senza musica e senza negozi di dischi. Che tristezza esser giovani oggi.


16 commenti:

rose ha detto...

be, quel giovane spero sia un caso limite; i cd li vendono pure al supermercato... certo, il problema è che questo nostro mondo pieno di comodità a volte sembra offrire meno occasioni di una volta di uscire dall'ignoranza ed evolversi un po'. il divario di classe tra l'altro è aumentato, in questo senso.

bruno ha detto...

piu'volte mi è stato chiesto quanti dischi avessi in casa......... non li ho mai contati, gia' questo mi sembrava un segno d'amore......... sento anch'io la tristezza che grava nei negozi di musica, credo che passera' alle librerie tra pochi anni.......... mi sento sempre piu' circondato (pur avendo diversi amici sotto i 30, io 48enne), non è che il finale scritto di ogni generazione.......... ma mi preoccupa molto la progressiva fusione tra uomo e tecnologia perche' pretendera' un uso ancora maggiore della gia' abusata corteccia cerebrale.......... a me che non piace pensare o meglio che non amo usare la corteccia cerebrale!

hanz ha detto...

Bel post, exit. Mi hai fatto tornare alla mente il negozietto di dischi di via Calvairate angolo viale Molise (a Milano) da cui ho fatto i primi acquisti consapevoli: roba commerciale, all'inizio, cose da quindicenni, cassette... ma anche il mio primo cd dei Violent Femmes (per la cronaca, "3") appena prima che chiudesse a inizio anni 80. Poi sono passato da Rasputin, Supporti Fonografici, Psycho... anche Nannucci grazie al mio amico Tommy di Bologna. Tutti chiusi dopo lento e triste declino a parte forse Psycho che dev'essersi spostato da qualche altra parte. Anche per me il riferimento erano le riviste, qualche trasmissione radio della notte su RadioPop o Raidue, e il mitico noleggio cd di via Soncino che chiuse senza preavviso lasciandomi due cd di De Andrè e uno dei '68 Comeback. Era un po' l'anticipazione del download, se vogliamo: non certo una sostituzione dell'acquisto, anzi il modo per crearmi una cultura musicale da approfondire su vinile o cd. Bei tempi, davvero. Forse solo perchè ero più giovane, chissà. Io non sarei pessimista, comunque: vedo che ancora oggi, nonostante i download gratuiti e l'ascolto della musica su pc, ai concerti belli, ai "nostri" concerti, è ancora pieno di ragazzi che la cultura musicale se la vogliono fare eccome, e che alla fine si fanno la loro bella coda al merchandising per comprarsi magari il singolo 7" che possono comprare solo lì. O la magliettina del concerto come ho fatto io ieri sera, a 38 anni suonati, al concerto dei Sonic Youth a Barcellona.

exit ha detto...

@rose: Vero, il caso citato è eclatante, ma potrei fare numerosi altri esempi a dimostrazione del fatto che comperare cd è, per i ragazzi di oggi, un'esperienza stravagante (per usare un eufemismo). È vero che in qualche supermercato si vede anche qualche cd ma quello che manca fondamentalmente alle nuove generazioni è la mentalità dell'acquisto (acquisto del cd, beninteso, perché quando si tratta di capi griffati o aperitivi non conoscono limiti di spesa).

Credo che, al supermercato, i ragazzi guardino i cd con gli stessi occhi con cui io guardo le card prepagate di I-tunes esposte alle casse accanto a gomme da masticare e lamette da barba, cioè come qualcosa che non mi appartiene e che certo non mi passa per la testa di acquistare.

@bruno: non sono sicura che la stessa sorte toccherà alle librerie, sai? Mi sembra che i libri godano di maggior considerazione. Ho anzi la sensazione che vada sempre più radicandosi il pregiudizio per cui un libro ha a che fare con la cultura mentre i dischi, beh, sono solo canzonette. Indipendentemente dal fatto che poi alla fine ben pochi leggono.

@hanz: sulla questione concerti, ti dirò, sono molto perplessa. A me sembra tutta una moda. Spero di sbagliarmi. Comunque hai fatto bene a comprare la maglietta dei Sonic Youth: approvato!

bruno ha detto...

l'informatica e tutte le sue applicazioni sono il nuovo campo d'azione degli adolescenti odierni, quello dove i loro genitori capiscono poco -è importante questo........ ha preso il posto della musica nell'immaginario adolescente, che ha regnato sovrana dai Beatles compresi fino ai Radiohead........ in questo senso si', per gran parte dei giovani odierni la musica è solo canzonette, ha perso l'aura.......... per quanto riguarda i libri il discorso è piu' tecnologico, esistono e gia' stanno prendendo piede in America i nuovi supporti hardware per la lettura, gia' iniziano a circolare libri pirata........ è per questo che temo che i libri perderanno l'aura- ma forse, a differenza dell'ascolto musicale, non la perdera' la lettura

endimione ha detto...

Quanto mi ci vedo anch'io in questo post! Già dai primi tempi del liceo frequentavo, a Brescia, sordidi negozietti minuscoli dove però si trovavano quelle che poi ho scoperto essere vere chicche; sono poi iniziati i pellegrinaggi a Milano per andare soprattutto da Supporti Fonografici, dove compravo album di cui non avevo sentito nemmeno una canzone ma di cui avevo letto una recensione entusiastica sul Melody Maker, ovviamente scritta da uno dei miei giornalisti prediletti. Quando mi sono trasferito a Bologna, Nannucci era il mio tempio, insieme a un altro negozietto che mi pare si chiamasse Disco d'oro (mai avrei immaginato che Nannucci potesse chiudere, mentre il Disco d'oro, ho scoperto nella mia ultima puntata bolognese, sorprendentemente sopravvive). Quando infine sono arrivato a Milano questo mondo era ormai agli sgoccioli, Melody Maker non esisteva più e anche Supporti non aveva molto da vivere - e io del resto non ero più un indie kid non solo per ragioni anagrafiche, essendomi ormai votato quasi esclusivamente alla classica...

exit ha detto...

@endimione: è vero il Disco d'oro di Bologna sopravvive e bisogna sostenerlo. Ci sono stata anch'io recentemente ed è stata una bella sorpresa. Difficile far capire cosa significasse per noi il Melody Maker a quel tempo: all'edicola di largo Cairoli c'era una signora gentile che me l'ha tenuto da parte per anni.

Anch'io, come te, a un certo punto ho cominciato a nutrirmi solo di classica, anzi prevalentemente musica barocca(poi in questi ultimi anni ho ripreso alcune antiche consuetudini).
Anzi, già che siamo più o meno in argomento, segnalo il Vespro della Beata Vergine con Ton Koopman a Varese domenica 16 maggio. Ingresso libero e gratuito in basilica.

endimione ha detto...

Grazie per l'informazione! Cercherò di venirci... ovvero cercherò di convincere *disinteressatamente* qualche amico con la macchina a accompagnarmici :)

bruno ha detto...

@Endimione & Exit: da quattro anni a Bologna nei sotterranei della biblioteca principale della citta' (la cosiddetta Salaborsa) è disponibile al prestito una colossale discoteca in cd, suddivisa in pop, italiana, classica, etnica e jazz........ è questa la reale causa della chiusura, quantomeno anticipata, di Nannucci........ il Disco d'oro tiene botta -come dicono a Bologna- perche' il suo catalogo per buona parte non è sovrapponibile a quello della Salaborsa, per la sua intelligente apertura verso la dance -nel senso piu' lato del termine- e perche' volutamente una nicchia per reali appassionati

exit ha detto...

@bruno: Grazie dell'informazione, Bruno. Le mie amiche bolognesi non me ne avevano mai parlato.
Il problema del cd è la sua riproducibilità. E un altro problema è che ormai ben pochi pretendono di avere, insieme alla musica, anche libretto, testi, informazioni varie legate al contenuto del cd.

@endimione: mi dispiace non poterti essere d'aiuto. E pensare che la sera prima vengo io a Milano per Wainwright.

sam ha detto...

Io non voglio essere un giovane, oggi.

exit ha detto...

@sam: Lo so.

stefano ha detto...

Ma come? Allora ci vedremo il 15 maggio al Conservatorio: ho già preso il biglietto per Wainwright :)
Poltronissima, stavolta ho voluto scialare!

exit ha detto...

@stefano: poltronissima? Ci trattiamo da signori, eh? :)Io invece ho acquistato due biglietti proletari (settore E): purtroppo al momento dell'acquisto non ero sicura di esserci al 100% così ho preferito non rischiare troppo.
È passato un po' di tempo dalla mia ultima volta alla sala verdi del Conservatorio ma mi sembra di ricordare che non è enorme, dunque dovrei riuscire a intercettarti (almeno stavolta) :)

stefano ha detto...

Be', ti dirò qual è il mio posto, così mi vedi. L'altra volta che avevo visto Rufus ero troppo in alto e questa volta ho preferito una visione più ravvicinata!

exit ha detto...

Il solito buongustaio...